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di UMBERTO GRANDINETTI*
La beatificazione di Suor Elena Aiello è una buona occasione per parlare della Santità. Per giorni e giorni i giornali, le tv, le prediche ci hanno martellato con questo evento. Suor Elena è stata dipinta come un essere che ha poco o niente di umano e molto di divino. Vorrei invitare tutti ad essere più riflessivi, più maturi, più vicini alla realtà. È difficile parlare della santità attribuita ad un essere umano. Nella Bibbia, quanto si parla di santità, si parla di Dio, solo di Dio. Dio è il Santo. Ma perché? Perché la santità esclude ogni imperfezione, ogni peccato, per sempre. E, perché la bontà-santità di Dio non ha limiti, è infinita. Nell’Antico Testamento il participio sostantivato g_de_ = santo è attribuito solo e sempre a Dio per cui il testo sacro afferma: “Solo Dio è santo”. E questo Dio -Santo è colui che ha creato la sua creatura ed è pure colui che la salverà. Proprio perché Jahweh è Dio e non uomo. Il “santo” è quasi un sinonimo di Dio. È chiaro che tutto ciò che sta vicino a Dio deve essere “santo” ma solo in modo analogico e partecipato. La santità di Dio esige la santità (partecipata, comunicata) dei suoi eletti -seguaci. La santità dell’uomo dunque non è altro che lo sforzo di avvicinarsi alla santità unica di Dio-Padre: “siate santi perché io Jahweh sono santo”. Ma questa santità è solo tensione, attrazione, sforzo, sguardo verso la vera e unica santità che è Dio. La santità-perfezione totale e perpetua appartiene solo a Dio. E, non può che essere così! Lui è diverso da noi, le sue vie non sono le nostre vie, i suoi pensieri non sono i nostri pensieri. Per fortuna! L’essere umano è di per sé limitato; per costituzione è soggetto all’errore. È così, deve essere così, se no saremo Dio anche noi. Tutti i “santi” fatti dai Papi (salvo poche eccezioni che esistono) sono persone buone, che soffrono per essere buoni, si sforzano di essere buoni Alle volte ci riescono altre volte no. È normale, essendo uomini, creature e non Dio creatore. Suor Elena fu una donna educata cristianamente in seno alla sua famiglia; fu suora consacrata a Dio ma soprattutto fu una “monaca” che lavorò, soffrì, si umiliò a vantaggio dei piccoli, dei diseredati, degli emarginati, degli abbandonati aiutandoli a crescere nell’osservanza delle legge divina e umana, regalando così alla Chiesa dei cristiani formati e allo Stato dei cittadini onesti e laboriosi. E, per fare ciò creò una nuova congregazione: “Suore Minime della Passione”. Attivò così un’opera altamente meritoria. Ma, lasciamo da parte la “santità”. È un’altra cosa. E, con ciò non si vuole togliere valore all’opera di Suor Elena. Invece – al solito – per impressionare, per cooptare ci si imbarca nella costruzione esagerata, idealizzata della “Monaca Santa”, che suda sangue, che fa miracoli. Addirittura la si fa diventare una mistica dotta e sagace. Esagerare non giova e allontana da noi- poveri peccatori – questa figura santa, irragiungibile. Suor Elena invece ci è vicino perché è stata una persona degna di stima, di simpatia, di affetto, di riconoscenza. Non altro. Avrei un suggerimento da dare alla gerarchia: se proprio volete continuare a creare santi e sante, almeno smettete di innalzare alla gloria degli altari i papi, i cardinali, i vescovi, i preti, le monache. Ci sono tante mamme e tanti papà che con sacrifici enormi, ma gioiosi, crescono i figli nell’onestà e nel messaggio evangelico (la famiglia è una piccola chiesa), dichiarate santi queste brave persone! Una considerazione finale: con tutti questi santi ( solo papa Wojtyla ne ha creati più di mille) il mondo dovrebbe essere un Eden, un paradiso terrestre. Invece vediamo tutti che è un inferno ante litteram. Chiudiamo questa riflessione augurandoci di non sentire più la parola “Santo” usata e abusata.

* già prete

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