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di TONINO PERNA
Se vuoi capire dove va l’Italia devi guardare al vento del Nord. Dall’Unità d’Italia in poi è stato sempre il “vento del nord” quello che ha determinato i grandi cambiamenti nel nostro paese. L’Unità, appunto, è frutto di un disegno espansivo del regno sabaudo e lo stesso Garibaldi è partito da Quarto, anche se ha trovato tra le popolazioni meridionali un entusiastico sostegno. Il fascismo è cresciuto e si è sviluppato a partire dalle campagne della Romagna e della Toscana, prima di organizzare la famosa marcia su Roma. Nel passaggiodalla Monarchia alla Repubblica è stato determinante il voto del Nord al referendum del 1946, mentre il Sud restava monarchico a stragrande maggioranza (anche se non emerse questo dato, grazie ai brogli elettorali). Infine, il “berlusconismo”, versione post-moderna del caudillismo latino-americano, è nato e cresciuto nel cuore di Milano, un tempo capitale economica e morale del nostro paese. Anche se si è conquistato un largo consenso nel mezzogiorno, il partito del premier non può andare molto lontano se perde il suo terreno di coltura, la sua base naturale nella più popolosa regione d’Italia. E’ per questo che l’inaspettata vittoria di Pisapia alle recenti elezioni amministrative, fortemente politicizzate dallo stesso premier, ha fatto scrivere e parlare di un “nuovo vento del nord” che sta cambiando il nostro paese. A mio avviso, è troppo presto per cantare vittoria o pensare che il “berlusconismo” sia un fenomeno che può scomparire solo con le elezioni e con la fine del suo fondatore. Sicuramente, va detto, questa sconfitta diretta del premier ”a casa sua”, avrà forti ripercussioni sugli scenari politici del nostro paese. Scorriamoli velocemente.
La Lega Nord a un bivio. Il patto Pdl-Leganord ha resistito finora grazie ad uno scambio continuo di favori ed al fatto che entrambi i partiti sanno che hanno bisogno l’uno dell’altro per governare e vincere le elezioni politiche. Ma, negli ultimi tempi, il partito di Bossi si trova in una crescente impasse. Il suo elettorato freme perché ha dovuto ingoiare dal bunga-bunga fino alla guerra in Libia, e le spiegazioni “tattiche” non convincono più (non a caso la Lega subisce un calo rilevante in queste ultime elezioni in diversi grandi Comuni del nord). Ottenuto il federalismo fiscale, ma i cui effetti e benefici per il Nord si vedranno solo nei prossimi anni, la Lega ha bisogno di rimotivare la sua base, di darsi altri obiettivi che giustifichino lo stare al governo. Ecco, che viene rilanciata l’idea di spostare al Nord alcuni Ministeri. Va bene, come fatto simbolico, ma la pancia del popolo leghista vuole qualcosa di più sostanzioso in tempi di vacche magre, di riduzione del potere d’acquisto delle famiglie. Per questo ritengo molto probabile che nei prossimi mesi la Lega Nord rilanci con forza l’idea di un’Italia Confederale con tre macro-regioni, sul modello della Svizzera. Per questa via il debito pubblico italiano – che è arrivato al 120 per cento del Pil – potrebbe essere diviso “equamente”tra gli abitanti e diventare il 60 per cento del Pilnella Padania ed oltre il 200per cento del Pil nella Terronia, che come la Grecia sarebbe condannata al fallimento.
Il Mezzogiorno come “zavorra”. «Se l’Italia non cresce come la Germania è colpa del Sud» ha dichiarato recentemente Tremonti, ministro del Tesoro e responsabile dei conti pubblici del nostro paese. Molti hanno frainteso o sottovalutato questa dichiarazione. Tremonti non parlava da tecnico, ma da politico. Come tecnico ha detto una cosa inesatta ed incompleta: se osserviamo i dati Istat sul Pil per macroregioni nel periodo 2007-2010 scopriamo che nel biennio della “Grande Recessione” il Pil è sceso molto di più nel Nord Italia che nel Mezzogiorno. Solo a partire dalla seconda metà del 2010 assistiamo ad un recupero della produzione industriale e delle esportazioni nel Nord, mentre il Mezzogiorno arranca. In sostanza, come è successo più volte in passato, quandoc’è una forte recessionesu scala mondiale è l’area più ricca ed industrializzata del paese che ne risente, mentre succede il contrario durante il periodo di crescita sostenuta. Ma, come politico Tremonti ha le idee chiare.
E’ il solo in grado di dare alla strategia secessionista della Lega una traduzione di politico-economica. Quando, dopo Grecia, Irlanda e Portogallo, la speculazione finanziaria attaccherà i titoli pubblici italiani, lui sarà pronto a trovare la soluzione: lo sganciamento del Nord, l’area più ricca d’Europa (come continua a sostenere a dispetto dei dati). Il vento del Sud arriverà dal Nord Africa? Il Mezzogiorno è arrivato spesso in ritardo con i cambiamenti, le svolte politiche nel nostro paese. Anche in questa fase storica, la peggiore che abbia attraversato il nostro Sud dall’avvento della Repubblica,il vento del sud stenta a sollevarsi e prendere una direzione. Assistiamo da diversi anni ad un mugugno antinordista che è abilmente utilizzato dalla stessa classe politica che a Roma sostiene questo governo e nel proprio territorio fa discorsi da Lega sud. L’immagine che ci restituisce il Mezzogiorno in questo momento è quella di una giornata afosa, un mare piatto, quella che i pescatori chiamano “calmeria”. C’è un deficit di democrazia nel Mezzogiorno, che è più grave dello scarto/deficit sul piano economico. Persino un partito che si chiama Democratico, e che dovrebbe fare della partecipazione democratica il suo tratto distintivo, ha un comportamento diverso al Nord rispetto al Sud. Anche in queste ultime elezioni mentre a Milano (Torino, Bologna, ecc.) il centrosinistra, di cui il Pd è l’asse portante, ha selezionato i propri candidati (risultati vincenti) con le“primarie”- vere e partecipate – nel Sud o non si sono fatte (come in Calabria) o non sono andate oltre il pasticcio vergognoso di Napoli.
Ci sarebbero tutte le condizioni perché i giovani del Mezzogiorno scendano in piazza per conquistare una vera democrazia, per affrancarsi dal voto di scambio e dall’oppressione di una classe politica oligarchica ed autoreferenziale. Ed invece non succede. Ma, non disperiamo: il vento che si è alzato forte e chiaro dalle sponde sud-est del Mediterraneo, che ha rovesciato potenti regimi autocratici, arriverà anche da noi. Succederà all’improvviso, quando meno ce l’aspettiamo, perché il vento del Sud è il vento degli oppressi che quando si alza è irresistibile.

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