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VIBO VALENTIA – L’impresa di Michele Lico, attuale presidente della Camera di commercio di Vibo Valentia, si è vista confermare anche dal Consiglio di Stato l’interdizione antimafia a suo tempo disposta dalla Prefettura. E’ stato quindi respinto il ricorso presentato dalla “Elmecont Elettromeccanica e Controllo srl” di Maierato, contro il Ministero dello sviluppo economico e quello dell’Interno che avevano revocato i contributi concessi all’impresa. 

Il Consiglio di Stato, la cui decisione conferma quella pronunciata in precedenza dal Tar Calabria, ha stabilito la validità delle informative antimafia in quanto l’amministratore della ditta beneficiaria, Michele Lico, «risulta indagato – si legge nella motivazione – dalla Dda di Catanzaro per falsa testimonianza», mentre un dipendente dell’impresa del padre di Lico è stato condannato. Sempre il Consiglio di Stato evidenzia come il primo luglio 2013 Michele Lico sia stato «prescritto, e non assolto nel merito, dal Tribunale di Crotone per la gestione di rifiuti pericolosi».

DIRITTO DI REPLICA – Gli avvocati Sergio Di Nola e Antonino Restuccia, per conto di Michelino Roberto Lico: «Si precisa che una altra società (diversa dalla Ligeam), di cui il Lico è stato amministratore ed è socio, è stata destinataria – si badi bene – non di alcuna qualsivoglia interdittiva o informativa antimafia diretta, bensì, di una cd. informativa atipica (provvedimento amministrativo oggi – per evidenti ragioni di legalità – abrogato) in relazione alla presenza, in un cantiere calabrese, nei ranghi di alcune ditte fornitrici (n. 2 ditte) di alcuni dipendenti (con qualifica manovali o simili) con rapporti di parentela e/o con precedenti penali, probabilmente connessi ad elementi della criminalità organizzata locale. Sul punto va sottolineato che entrambe le ditte sono state, poi, scagionate da tale addebito, una direttamente dalla Prefettura vibonese, l’altra dalla Autorità Giudiziaria con Sentenza passata in giudicato. Ancora, atteso che in un passato remoto, il Lico è stato indagato (non dalla DDA) per una ipotesi di falsa testimonianza, si precisa che, allo stato, la stessa non è stata accertata essendo stato il procedimento penale dichiarato prescritto (non certo per volontà del sig. Lico). Ed infine si precisa che la vicenda “rifiuti” di fatto attiene non alla gestione di rifiuti bensì al mero sostaggio di terreno di scavo relitto per la realizzazione di una condotta per conto di una Pubblica Amministrazione e che pertanto, proveniente da scavi di cantiere, veniva solo temporaneamente stoccato nell’area recintata del cantiere stesso. Si precisa, pertanto, che il sig. Lico e la Ligeam non sono mai stati oggetto di misura interdittiva antimafia e mai sono stati sottoposti ad indagini relative alla criminalità organizzata».

Prendiamo atto dell’intervento degli avvocati Restuccia e Di Nola, ma ci preme precisare che non abbiamo mai scritto che la Ligeam fosse stata soggetta ad interdittiva o altri provvedimenti. Si è solo riportato il passo di una sentenza del Tar, ripresa anche dal Consiglio di Stato, nel quale si evidenziava come il presidente Lico fosse anche amministratore unico della “Ligeam” aggiudicataria di un appalto per i lavori di realizzazione di un impianto di depurazione nel Comune di Francavilla Angitola (VV), nel cui cantiere gli investigatori hanno rilevato la presenza di alcune ditte fornitrici di materiali e servizi, che avrebbero avuto collegamenti con sodalizi criminali.

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