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REGGIO CALABRIA – Sono scesi di nuovo in fondo al mare, per trovare tracce importanti, per far riemergere alcuni segreti, per riscrivere un pezzo di storia criminale legata alla ‘ndrangheta e forse non solo a quella. I sommozzatori della Marina militare ieri mattina si sono immersi ed hanno iniziato le operazioni di recupero del tritolo contenuto nella stiva del mercantile «Laura C» affondato da un sommergibile nel 1943 al largo della costa calabrese, davanti a Saline Ioniche. Operazioni delicatissime sia tecnicamente che dal punto di vista giudiziario, tanto che si sono svolte con il coordinamento del capo della Dda di Reggio Calabria Federico Cafiero De Raho. I militari saranno impegnati per tirar fuori l’esplosivo, che successivamente sarà preso in carico e sequestrato dalla squadra mobile.

GUARDA IL VIDEO: IL RELITTO SOMMERSO DELLA “LAURA C”

Il tritolo sequestrato sarà quindi sottoposto ad analisi per accertare se sia dello stesso tipo di quello utilizzato a Reggio negli ultimi mesi per compiere attentati contro tre locali in costruzione o ristrutturazione e distrutti prima che potessero aprire.

Della presenza del tritolo all’interno della nave si ha notizia sin dal 1995. In base ai registri la nave trasportava stoffe, liquori e macchine utensili, ma una serie di sopralluoghi compiuti dai sub della marina e della polizia a metà degli anni ‘90 portarono alla scoperta del tritolo che le voci dell’epoca quantificarono in 700 tonnellate.
Nel corso degli anni gli investigatori hanno accertato che la nave era diventata un deposito a disposizione delle cosche della ‘ndrangheta. L’indagine a cui collaborarono, si disse all’epoca, anche i servizi segreti, definita “Bumma” portò all’arresto di una serie di personaggi legati al clan Iamonte di Melito Porto Salvo. Successivamente, per evitare prelievi, la nave fu piombata dai militari e resa inaccessibile. Tuttavia, anche recentemente, partite di tritolo, presumibilmente dello stesso tipo di quello contenuto nella “Laura C” sono state sequestrate dalle forze dell’ordine in varie zone del Reggino. Ed anche per gli ultimi attentati compiuti in città sarebbe stato utilizzato lo stesso esplosivo. Circostanze che hanno indotto la Dda a fare rimuovere completamente l’esplosivo. O meglio a rimuovere quella parte di tritolo che non era contenuto nella parte della stiva che era stata sigillata a suo tempo. Un quantitativo comunque importante che la Dda ha deciso di tirar via dal fondo del mare. Panetti a forma di saponetta di circa duecento grammi con un buco in mezzo nel quale solitamente viene posizionato l’innesco. Materiale che sarà preso in consegna e analizzata dal gabinetto regionale di polizia scientifica, diretto a Reggio Calabria, da dirigente Diego Trotta.

Il tritolo della “Laura C” ha riempito per anni le pagine di cronaca non solo locale. Voci poi nel tempo smentite. Si disse, ad esempio, che era stato usato per la strage di Capaci e per l’attentato al treno di Madrid. Ipotesi poi smentite.

Non è mai stato invece mai chiarito l’episodio che si verificò al comune di Reggio Calabria. A ottobre del 2004 venne rinvenuto del tritolo all’interno di Palazzo San Giorgio, sia pure privo di innesco. Si parlò di un tentativo di attentato che venne sventato grazie ad una soffiata dei servizi segreti, guidati all’epoca dei fatti da Nicolò Pollari. Una strana storia, mai chiarita fino in fondo e sulla quale ancora oggi esisto una serie di ipotesi più o meno sostenute da fatti. Poi tutta una serie di sequestri e di ritrovamenti in giro per la provincia. Sullo sfondo sempre la ‘ndrangheta, qualche volta i servizi, quasi mai la verità.

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