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 Il bambino di cinque anni rimasto gravemente ferito sabato sera, a Potenza, in contrada Dragonara, a causa dello scoppio di un fucile di scena che ha causato la morte di due figuranti, respira da stamani in modo autonomo nel reparto di rianimazione dell’ospedale San Carlo.

È la prima piccola notizia di speranza alcuni giorni dopo la tragedia che ha colpito la comunità di contrada Dragonara a Potenza e lasciata attonita l’intera città.

I medici hanno staccato il bambino dal respiratore: si tratta – si è appresso dall’azienda ospedaliera potentina – di un «passo avanti significativo», anche se la prognosi resta riservata.

Potenza resta in attesa di conoscere la data dei funerali delle due vittime. Beffardo il destino che ha strappato alla vita Agostino Tarullo, 55 anni, e Donato Gianfredi, 56: amici di mille e mille di questi eventi in costume d’epoca.

Conosciuti ai più per essere tra i Portatori della Iaccara, il fascio di canne e legna lungo circa dodici metri che proprio Agostino, arrampicandosi a mani nude per tutta la sua lunghezza in piazza del Sedile, provvedeva ogni anno a incendiare, durante la tradizionale Parata dei Turchi del 29 maggio.

La ricostruzione dell’incidente che ha causato il decesso dei due figuranti e il grave ferimento di altre cinque persone, tre in maniera grave, compreso un bambino di 4 anni, e due in modo più lieve, è abbastanza chiara.

Nella serata della rievocazione storicadell’epoca dei briganti, frutto di uno studio effettuato dal locale circolo culturale di Dragonara in collaborazione con l’associazione Imago Historiae, in uno spazio particolarmente ristretto stava per andare in scena la fucilazione di una brigantessa da parte di sei soldati in alta uniforme.

La scena era stata preparata nella parte alta del borgo, per fortuna diremmo con il senno del poi, in un luogo abbastanza ristretto per cui capace di contenere non tantissime persone. Il resto della gente, che aveva preso posto dinanzi alle proprie abitazioni, era in attesa della prosecuzione del corteo che avrebbe sfiorato le case di campagna, le cui aie erano state trasformate in villaggi.
Nel momento in cui il capo dei soldati ha ordinato la fucilazione della brigantessa, il sordo rumore di colpi di fucile è diventato un boato.

Una deflagrazione che ha colto in pieno volto Agostino e Donato che si trovava al suo fianco e che ha investito un altro figurante sul braccio sinistro, mentre le schegge si infilavano come dardi infuocati sugli spettatori più vicini.

E’ stato il panico nelle immediate vicinanze, mentre per il resto delle viuzze del borgo si è percepito male quello che realmente era successo. La reale contezza si è avuta quando dall’apice della strada iniziavano a scendere persone insanguinate, un padre che disperato cercava aiuto per il figlioletto e gente visibilmente stravolta e urlante. Panico misto a disperazione.

La fortuna ha voluto che due volanti della polizia prestassero servizio di ordine pubblico e immediatamente il piccolo e Donato sono stati trasportati dagli agenti in ospedale (al San Carlo, poi, l’uomo non ce l’ha fatta). Sarebbe stata fatale anche per il bambino l’attesa del 118 che ha poi provveduto, con due mezzi, a soccorrere gli altri feriti.

Da quel momento in poi è stato drammatico vivere l’attesa delle notizie che arrivavano dal San Carlo, nello stesso modo in cui è stato irreale attendere l’arrivo del magistrato di turno (il pm Valentina Santoro) che, effettuati i rilievi del caso ha disposto la rimozione della salma del povero Agostino, e poi degli artificieri che provvedevano a mettere in sicurezza due dei tre fucili storici rimasti integri (l’altro è andato completamente distrutto), mentre gli altri tre erano di legno e senza alcun congegno di sparo.

Adesso sarà un perizia a stabilire la causa dello scoppio: un errore nella quantità di polvere utilizzata o nel caricamento, o solo un cattivo funzionamento del fucile che mai prima aveva tradito.

Il giorno dopo, come spesso accade, è però anche quello degli interrogativi, dei perché, della caccia alle responsabilità o alle irresponsabilità che hanno deciso di trasformare un luogo bello, sereno e tranquillo, in quello che non sarà mai più. Un giorno di festa in una tragedia di proporzioni gravissime.

Qualcuno dei residenti ha detto: «Erano troppo forti gli spari, persino quando nel pomeriggio sono state fatte le prove». E si è chiesto se fosse davvero necessario fare tanto rumore.

Dal punto di vista investigativo, invece, si lavora sulla possibilità che il fucile che ha provocato la morte dei due figuranti sia stato caricato eccessivamente, con troppa polvere pirica. Diventata fatale al momento del click sul grilletto. Nel frattempo il fascicolo aperto è per omicidio colposo e lesioni. Gli inquirenti cercheranno di capirne ancora di più, dopo aver già raccolto le testimonianze delle persone che hanno assistito alla terribile scena.

Era cruenta l’epoca dei briganti, ma davvero nessuno, tra tutti quelli che apprezzavano e stimavano i due potentini per l’impegno profuso, pensavano davvero che quella di sabato potesse venir fuori come la scena più vicina alla terribile realtà di Crocco e Ninco Nanco.

Un’orribile e cruenta storia della quale tutti avrebbero fatto volentieri a meno di rivivere.

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