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LA LEZIONE tenuta da Nicola Flocchini nell’aula Magna del Liceo Galileo Galilei di Potenza è illuminante ed esaustiva. L’insigne esperto di didattica della lingua latina, con alle spalle decenni di esperienza sia come docente che come dirigente scolastico, parla ai ragazzi con semplicità, ottenendo da questi massima attenzione e interesse.
Il nozionismo dello storico manuale “comprendere e tradurre” valica i confini ristretti di un testo scolastico e riesce ad entusiasmare anche coloro che temono le interrogazioni di latino.
L’interessante iniziativa ben si inserisce in un cartellone di eventi ideato dall’Istituto potentino dal titolo: “Vivi…amo il Galilei”.
Vivere e amare la scuola, comprendere che in essa risiedono i pilastri che reggono ogni impalcatura futura, imparare a ragionare in senso lato: è questo l’obiettivo principale.
«Bisogna avere maggiore fiducia in ciò che dicono gli insegnanti – ribadisce Flocchini – lo studio del latino serve ad acquisire la capacità di analizzare una lingua, di migliorare la lingua materna, ma è utile soprattutto a tradurre il pensiero in parole. Non bisogna demoralizzarsi – continua Flocchini – tutte le imprese importanti richiedono fatica. È fondamentale conoscere le proprie radici. Tutta la cultura occidentale poggia sulla letteratura latina e greca. Anche la moderna cultura europea deriva dalla trasmissione della latinità. A pensarci bene è davvero l’unica lingua che non è morta con la civiltà che l’ha elaborata».

A che servono le versioni?
«La traduzione di un passo – spiega Flocchini – impone tutta una serie di operazioni che partono dalla formulazione di un’ipotesi, e giungono a una soluzione dopo un’attenta analisi dei dati pertinenti e di quelli divergenti. Il moderno problem solving non è altro che questo: scegliere ciò che serve a seguito di un’ipotesi».

Oggi quali sono gli ostacoli più grandi?

«L’atmosfera culturale non è tra le più favorevoli. Assistiamo a una mancata percezione dell’importanza del latino sia da parte delle famiglie che dell’opinione pubblica. La forte riduzione oraria limita la possibilità di un insegnamento che esige tempi lunghi e distesi. Occorre, allora, un significativo ripensamento della didattica».
La cultura odierna è incentrata sull’attualità e immediata spendibilità delle conoscenze. La competenza, invece, è qualcosa che si misura solo su tempi lunghi. Riusciamo ancora a ragionare entro questi termini e a guardare oltre?
Non banalizziamo o sottovalutiamo l’apporto del mondo classico che continua a mostrarci il suo valore.

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