X
<
>

Condividi:
5 minuti per la lettura

COMINCIO da quando il pm Lancuba nel ‘92 mi accusò di aver costituito un gruppo mafioso insieme a Quaratino su Potenza ed essere legato ai melfitani Petrilli e Delli Gatti.

Quando nel ‘99 fui scarcerato con molta probabilità constatarono che tra me e i nomi sopra citati e altri melfitani non ci fu mai alcun rapporto. Questo lo dimostrano i processi sul Vulture Melfese dove non è mai stato intercettato né visto alcuno di loro con me. Successivamente il dottor Montemurro con un altro procedimento di 416bis si avvalse di un collaboratore di Melfi dalla ben scarsa credibilità. Emerse nell’arco del processo che lo stesso si fece esplodere due colpi di pistola nella sua abitazione per rendere più credibile la deposizione accusatoria nei confronti degli imputati. Affermò anche di essere stato presente a una cerimonia di affiliazione nei miei confronti fatta da Saro Mammoliti il quale all’epoca dei fatti ancora non era collaboratore di giustizia. Visto che oggi lo è chiederei che vengano acquisite le dichiarazioni ed anche lui per essere interrogato in merito e smentire o confermare quanto detto da Salvatore Calabrese.

Ha anche è menzionato il clan Pesce di Rosarno, dicendo che io vi facessi parte. Anche in questo caso vorrei che fosse ascoltata proprio la figlia di Salvatore Pesce, con il quale ebbe un fermo. Vorrei che anche per questa collaboratrice ci fosse richiesta per le dichiarazioni fatte che permisero agli inquirenti di scoprire molte cose ancora nascoste e furono eseguite custodie cautelari. Inoltre vorrei che fossero le mie dichiarazioni e quelle fatte da Salvatore Pesce al momento del fermo quando fummo accompagnati in Questura a Potenza nelle quali si dice che Salvatore Pesce quel giorno era a Potenza per accompagnare un suo parente che aveva un’udienza in Tribunale

(…)Vorrei inoltre che fosse sentito Luigi Cosentino, il quale in un recente procedimento mi coinvolse nonostante tutte le sue dichiarazioni sulla mia partecipazione come affiliato fossero state da lui stesso smentite rendendomi a su nom “contrasto onorato”. Frase estrapolata dal pm Basentini e interpretata a suo piacimento paragonandola ad un alta carica mafiosa, cosa che ho avuto modo di verificare l’inesattezza leggendo un libro del sostituto procuratore di Reggio Calabria dottor Nicolò Gratteri, il quale seguendolo in un programma televisivo ospite del dottor Costanzo pronunciò proprio questa frase “contrasto onorato”. Ed io incuriosito dopo averla letta nel procedimento con Cosentino comprai il libro e il significato era tutt’altro. Definì la persona giudicata con tale nome: «Uno al di fuori di un gruppo organizzato senza alcuna capacità dirigenziale né titoli di responsabilità su nessuno, insomma una persona da osservare nel caso in cui si decidesse di affiliarlo».

Ecco come ero visto io da coloro appartenenti a un’organizzazione fatta di regole, giuramenti e gerarchie. Io se fosse possibile mi sottoporrei alla più affidabile macchina della verità per dimostrare gli sbagli di giudizio commessi nei miei confronti e lo farei se voi lo accettaste.

 Con questo non intendo dire di non aver commesso errori. Li ho fatti e li ho strapagati più del dovuto ma essere considerato mafioso non è vero. Quello che vorrei chiedervi è vengano ascoltati i seguenti testimoni di giustizia: Saro Mammoliti di Castellace; Giuseppina Pesce, figlia di Salvatore; Luigi Cosentino di Potenza; Maria Concetta Cacciolla vicina alla famiglia Pesce, solo le dichiarazioni perché ora non è più viva.

Mi vorrei ora soffermare su come si costituì il primo teorema di 416 bis condotto dal pm Lancuba. Tutti sanno chi fosse quest’uomo: uno stipendiato dei più potenti clan camorristici mai esistiti in Campania: Alfieri, Galasso e altri (…) Una persona senza scrupoli che riuscì con le sue manipolazioni a creare un teorema di mafia anche a me che in tutto questo non c’entravo affatto. Lo fece con l’esperienza che gli veniva dal suo torbido passato.

(…) Oggi se voi lo voleste potreste sia ascoltare i testi da me citati per rendervi conto di quale sia la verità se la mia o quella dei passati collaboratori verificando se mai sia stato vicino ai melfitani nel periodo in cui si sono verificati delitti in quella zona o se qualcuno di loro sia venuto da me per qualsiasi altro motivo. Vorrei anche precisare che nel ’99 non appena fui scarcerato la prima cosa che feci fu cercare lavoro (…)

Cercai di avviare un lavoro di rappresentanza senza dover investire nulla, ma durò poco grazie ai Ros che invece di controllarmi fecero di tutto per ostacolarmi sul lavoro riferendo fatti irreali e ingigantiti al titolare della società  di cui ero rappresentante (…)

Comunque in qualsiasi gruppo organizzato di tipo mafioso, camorristico o ‘ndranghetistico è consuetudine trovare figli, fratelli e nipoti per tenere forte il potere. Io oltre a non aver questi requisiti non è mai emerso un solo personaggio che abbia asserito di far parte di un gruppo chiamato  Martorano.

Il mio nome era conosciuto. Il 90% della città in cui vivo mi sapeva solo per i fatti scritti sui giornali i quali dicevano di me cose mai riscontrate ma utili solo per attirare i lettori incuriositi a vendere qualche copia in più a discapito mio (…)

Aver commesso dei reati non vuol dire appartenere a un clan. Non è giusto giudicare organizzazioni mai esistite con teoremi fatti a tavolino solo per dimostrare che in passato non abbiate commesso errori di giudizio. Per non parlare dell’accusa fattami nel processo Penelope poi riportata su tutti i quotidiani e le riviste legate ad associazioni di Marcello Cozzi dove il collaboratore Notargiacomo asserì che fui io a reperire l’acido per l’uccisione del piccolo Di Matteo. Per fortuna che nuovi più affidabili collaboratori del calibro di Gaspare Spatuzza, Brusca resero dichiarazioni con dati di fatto e non teorie per accaparrarsi la compiacenza di alcune procure e continuare usufruire del programma di protezione con falsità. In conclusione vi chiedo che vengano tenuti in considerazione i fatti e di non continuare a tenere un pregiudizio nei miei confronti che offuschi la verità (…)

Renato Martorano

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE