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SI metteva sempre nello stesso angolo dell’ingresso del vecchio ponte. Quell’uomo sembrava un cumulo di stracci buttati per terra, e invece si trattava di Dimitru, il mendicante romeno che ogni sera con il suo brutto accento italiano chiedeva a tutti i passanti l’elemosina. “Aiuta me, date a me aiuto, ho fame aiuta me”. Dimitru era arrivato dalla Romania subito dopo la loro liberazione e la caduta del regime di Ceausescu. Dimitru cominciò ad essere un problema per il piccolo paese. Dimitru sapeva tutto delle persone. “porta me con te, aiuta me, tu vai a mangiare da tua amica, lei preparato per te, melanzane ripiene, frittata di zucchine, cetrioli con yogurt, aiuta me, io mettere in angolino di sua terrazza e non dare a te fastidio”, così disse un giorno ad una coppia che stava recandosi a cena proprio dalla loro amica. E il mendicante Dimitru continuava a dire le cose che sapeva alla gente che passava davanti a lui. Il giorno dopo le predizioni, qualcuno si recò dai carabinieri. Ed ecco, dopo una sola ora, Dimitru circondato dai carabinieri che lo interrogarono duramente. Il maresciallo mal sopportava gli stranieri. Dimitru era quasi intontito, e i ricordi della sua Romania gli scoppiarono subito nella testa. Davanti a sè vide la polizia segreta del dittatore. Sentì di nuovo forte i calci nella pancia, i pugni sulla testa, l’acqua gelida buttata sul suo corpo nudo. Dimitru ricordò chi era. Era un professore di matematica dell’Università di Bucarest. Quando il regime stava per cadere Dimitru riuscì a fuggire dalla sua prigione e senza ricordare nulla fuggì. Non era un profeta, né un mago, era un matematico che riusciva a memorizzare i ragionamenti che ascoltava per strada, riusciva a fotografare nella sua mente le persone che parlavano tra loro e di conseguenza riusciva a dire le cose che stavano per fare mettendo insieme tutto quanto. Questo era Dimitru, solo uno scienziato divenuto mendicante.

 
(Pubblicato sull’edizione cartacea de Il Quotidiano della Calabria del 27 dicembre 2013)
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