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E Potenza, per Potenza cosa si può fare? Rimane questa la domanda, che poco prima di mezzanotte, Vincenzo Metastasio, con lo stile che può avere un presidente rotariano e la discrezione che è tratto distintivo dei potentini, rivolge al sindaco di Matera, Raffaello De Ruggieri. Non è una supplica, è la voglia di essere aiutati a trovare la strada.

L’avvocato ha parlato per oltre un’ora, in piedi, senza occhiali, a braccio, commentando le slide che proiettando Matera a strapiombo sulla gravina, scritte da lui stesso. E’ il suo linguaggio, c’è dentro la sua storia. 

“Narrazione” è l’unico verbo che De Ruggieri concede alla prossimità storica dei promotori territoriali. Il suo luogo ideale è una terra eterna che accompagna il cammino dell’uomo.

«Cinquecento anni prima di Giotto», ripete per due volte all’attenta platea di rotariani che al Grande albergo è venuta ad ascoltare il miracolo della sorella lucana, a lungo sottovalutata. De Ruggieri mostra se stesso giovane, in compagnia della moglie, esploratori in quella che sarà la cripta del peccato originale. Ricorda ovviamente il giorno, l’anno e l’ora. Era il primo maggio del ’63, poco prima delle cinque della sera. Si scoprì che cinquecento anni prima di Giotto furono affrescati gli antri materani. Di fronte a lui, in prima fila, il sindaco di Potenza, «Siamo due sindaci alternativi», dice (Alternativi al potere consolidato, ovviamente, anche se entrambi beneficiano della lacerazione del Pd).

Nel rispetto del cerimoniale rotariano (mai le bandiere dove si mangia) De Ruggieri si attarda con gli ospiti sulla terrazza dell’albergo, lasciando a metà un piatto di pasta e fagioli, prima di scendere giù a raccontare e a raccontarsi. Si affaccia al balcone che dà le vertigini. Qualcuno, impietoso: «Lì si vede Bucaletto». Lui sta zitto. «Noi dobbiamo stringere un patto» gli suggeriscono a più voci «così come quello stretto con Taranto», evocano, deglutendo l’implicita delusione per la priorità di una scelta che indirizza Matera verso la Puglia.

Del resto il sindaco non ne fa mistero, asseconda le vocazioni geografiche, pur essendo – si scopre – discendente di una celeberrima, la più celebre, tra le mulieres salernitane. «Sì, Trotula De Ruggiero», della scuola medica. E sarà – chissà – per questo che il suo ragionamento mira a trovare, sanitariamente, le “tossine” della lucanità e a mettere insieme le molecole di un territorio. Come? Lui l’esempio ce l’ha in casa, «alla fondazione Zetema abbiamo fatto così» e mostra la slide che indica il sistema di connessione culturale tra i luoghi della Basilicata (a Matera tre sono suoi gioielli, casa Ortega, la cripta e il Musma) e si attarda a spiegare quella proposta per il 2019 che va oltre il dossier, cioè le sue idee che chiederà ai commissari di Bruxelles di poter integrare. «Se lo spirito è l’esaltazione identitaria dei luoghi e lo scambio culturale tra Mediterraneo ed Europa, se Matera è incrocio di civiltà mediorientali, allora perché non poter offrire il progetto Cadmos?», costringendo i presenti a rinfrescare ancora una volta la letteratura greca.
«Sono un affabulatore» ammette quando qualcuno preferirebbe andare a nanna, ma non lui che ha anche il tempo di ricordare l’orgoglio delle sue radici repubblicane, mostrando la foto di Giovanni Spadolini presidente del Consiglio sul palco con Chinchino Compagna (ma anche Emilio Colombo) per il primo intervento di restauro nei Sassi. Un momento fortunato, con l’edera rampicante da Matera a Roma. C’è sempre bisogno, evidentemente, di una fortunata congiuntura centro-periferia.
E la domanda iniziale, volete sapere come ha risposto alla domanda sul futuro di Potenza? In realtà non ha risposto, ma ha indicato un metodo: «Bisogna avere un sogno, ma che sia un sogno esigente, come li ho sempre avuti io».

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