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UN CARO amico, qualche tempo fa, ci disse che lo stato delle conoscenze relative all’inquinamento dell’area dell’Alta Val d’Agri intorno al Cova (Centro Olio Val d’Agri) era come una pagina bianca su cui ancora nessuno aveva scritto nulla. Così, per verificare questa affermazione ed allarmate dai frequenti “nonincidenti” presso il Cova, con alcune amiche, fin dall’autunno del 2009, abbiamo cominciato ad interessarci di quanto gli Enti pubblici monitorassero e pubblicassero relativamente alla situazione ambientale dell’Alta Val d’Agri. Con queste amiche abbiamo poi dato vita alla libera associazione di mamme e donne abitanti nell’area circostante il Centro Olio di Viggiano, l’Onda Rosa e, insieme ad altri amici abbiamo costituito il presidio di Libera dell’Alta Val d’Agri.

Ci fu chiara da subito la frammentarietà e la quasi totale mancanza di informazioni sull’argomento, a cui corrispondeva un’effettiva povertà di dati monitorati. In questa nota ci soffermiamo solo su uno degli aspetti di tale monitoraggio, quello cioè degli inquinanti dell’aria. L’unica centralina ufficiale nell’area fu installata nel 2006, 10 anni dopo l’avvio del Cova avvenuto nel 1996.

Nel corso del 2010, si tennero due convegni organizzati in collaborazione con il Wwf, il Laboratorio per Viggiano e Libera Basilicata, sul “monitoraggio ambientale in Alta Val d’Agri”, argomento considerato fino ad allora un vero tabù. Nel settembre 2012, sedici anni dopo la nascita del COVA, furono installate altre 4 centraline, donate da Eni ad Arpab e considerate già obsolete dal prof Gianluigi de Gennaro dell’Università di Bari, consulente del Comune di Viggiano.

E forse proprio dalla scarsa efficienza delle centraline è dipesa la discontinuità (e spesso la tardività) nella pubblicazione dei dati sul sito dell’Arpab e su quello dell’Osservatorio Ambientale della Val d’Agri. Nel maggio del 2011, partecipammo come Onda Rosa, ad alcuni degli incontri informali organizzati nell’ambito del percorso di condivisione previsto dal protocollo operativo tra l’Arpab, il Comune di Viggiano e la Società Eni Spa, presso la sede del distretto meridionale dell’Ente, a Viggiano, finalizzato alla verifica dello stato di qualità dell’aria prima e dopo la realizzazione degli ammodernamenti previsti nel Centro Oli.

Nell’indifferenza degli Enti pubblici, nonostante questi ultimi fossero stati allertati da comunicazioni scritte da parte di associazioni di cittadini e dalle minoranze del consiglio comunale di Viggiano, il monitoraggio condiviso tra Arpab ed Eni (ma non dal Comune di Viggiano) va avanti. Il Comune di Viggiano, da parte sua, nel corso del 2011, stipulò una convenzione con l’Università di Bari, per colmare, almeno in piccola parte, la carenza di quel monitoraggio non condiviso che l’Arpab e l’Eni stavano invece portando avanti.

E’ nato così lo studio “Valutazione delle emissioni odorigene in prossimità degli insediamenti petroliferi presenti nel territorio di Viggiano” che l’Università di Bari ha condotto nell’area, per un periodo di 6 mesi, dall’estate all’autunno del 2011. In questo studio siamo state coinvolte anche noi dell’Onda Rosa, come abitanti dell’area, attraverso una serie di questionari settimanali “per il rilevamento del disturbo olfattivo con lo scopo di segnalare gli episodi di molestia e la loro durata”.

È stato questo il primo studio sugli impatti odorigeni fatto nell’area ed i risultati, sebbene relativi ad un periodo limitato, sono stati i primi dati scientifici che hanno certificato che “le signore delle vigne non sono pazze visionarie”, come spesso le abitanti dell’area sono state apostrofate anche da chi aveva il dovere di tutelare la salute pubblica. Questo studio ha infatti scientificamente dimostrato la corrispondenza tra “il naso” delle signore e le analisi di laboratorio dei campioni prelevati nell’area intorno al Cova, nonché la fonte di tale molestia.

Nelle conclusioni della relazione sullo studio infatti si legge: “Sia i risultati olfattometrici sia quelli ottenuti attraverso naso elettronico hanno evidenziato episodi significativi di emissione odorigena in aria ambiente, anche se relativi ad episodi non frequenti. L’attribuzione di tali eventi alla sorgente è stata verificata attraverso l’analisi delle direzioni del vento, registrate in fase di campionamento. Si precisa che l’attività di monitoraggio è iniziata in una fase di fermo dell’impianto e di successiva graduale messa a regime” . Lo studio dovrebbe quindi continuare.

Nel 2013, anche l’Arpab, secondo quanto previsto dal protocollo di monitoraggio, ha iniziato uno studio sulle molestie odorigene nell’area, che è stato presentato già nel novembre 2013, sempre a Rimini in occasione del meeting “Ecomondo”, e poi ufficialmente presso la sede dell’Arpab a Potenza, il 15 aprile 2014. L’Arpab, che coordina lo studio, ha scelto tra gli altri, come collaboratori, proprio i gruppi di ricerca del Politecnico di Milano e dell’Università di Bologna, verosimilmente quelli che si occupano delle molestie odorigene e di cui fanno parte tra gli altri, i professori Renato del Rosso e Selena Sironi da una parte e Giulio Cesare Sarti dall’altra.

Sembra cioè che siano stati scelti come “consulenti” di parte pubblica proprio i consulenti dell’Eni. In aggiunta, in occasione della visita della Commissione Ambiente della Camera sulla questione del Cova, nell’ottobre 2013 a Viggiano, l’Eni ha comunicato di aver attivato una propria rete di monitoraggio dell’odore, fatta in collaborazione con il Politecnico di Milano, l’Università di Bologna e l’Università di Basilicata, parlandone come di un proprio studio anche se “condiviso” con l’Arpab. Ma questi rapporti dell’Arpab con l’Eni sembrano muoversi nel solco di uno “stile” sperimentato da tempo.

L’Onda Rosa, donne e mamme del centro olio

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