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Enzo Santochirico ha voluto raccontare in un vademecum, in un atlante delle idee, in un rapido ed essenziale dossier (da non confondere, per carità, con il Dossier che la leggenda elegge ad autentico decisivo talismano che ha condotto alla Vittoria) il profilo della città da costruire da qui al 2020. Il tratto che segnala la qualità ( e l’utilità) dell’agile pamphlet sta nella puntuale ricognizione del percorso che Matera dovrà intraprendere se vorrà rispondere ai temi evocati dal bando europeo. Vi ritroviamo temi già esplorati, vissuti e frequentati talvolta con delusione in una non breve esperienza nelle istituzioni, immersi in una lettura che non indulge alla retorica, non cede al lirismo estetico o al memorialismo ma procede analizzando criticamente occasioni mancate, progetti in cantiere, l’opus magnum della riorganizzazione di contenitori e dei contenuti culturali, il miraggio della cittadella dello spazio, la sfida della nuova governance (cioè della modernità di una gestione disciplinare radicalmente diversa) fino al cuore del problema: la classe dirigente, la sua qualità, la sua adeguatezza.
Il cahier de doleances di Santochirico per queste ragioni si è posizionato al centro del dibattito politico e preelettorale con l’ambizione di conferirgli uno schema di riferimento e un terreno di coltura.
Credo non sia inutile raccogliere alcuni dei punti di consenso che stentano tuttora a lievitare nella coscienza di una comunità ancora stordita dall’Evento, segnalando quel che separa la dimensione onirica dalla realtà e correggendo alcuni errori di ottica che si è tentato di far passare per “senso comune”.
1 – Matera vince sopratutto per densità storica e per l’eccezione culturale che le deriva da una straordinaria accumulazione di esperienze, segni, sperimentazioni, ricerche e da una cultura militante che ha fecondato una società non sempre aperta a contaminazioni e interscambi. Vince quindi come natura e come storia e non solo per l’efficacia talmudistica della comunicazione.
2 – La peculiare natura e identità della città si sono rivelate più forti di ogni tentativo di interpretazione da parte di quell’illuminismo subalpino che ha ritenuto di rappresentarle producendo una frattura che ha finito con renderle afasiche quando non irriconoscibili. I “topoi” della nostalgia, della solitudine, dell’abbandono non possono essere utilizzati per neutralizzare il realismo tragico di una storia collettiva che parla con onestà e con durezza nè ha bisogno di ricorrere a mediazioni sentimentali o ad espedienti narrativi.
3 – Il profilo della Città Capitale ha oscillato fra la suggestione del memorialismo museale e iconati di uno sperimentalismo visionario sospesi fra la terra (dura da arare e dissodare) e le stelle (remote da conquistare).
4 – La lettura della antropologia da costruire, con al centro “l’abitante culturale”, ha sostanzialmente sorvolato su decine di anni spesi dalla sociologia militante che ha eletto Matera a campo di osservazione di un mondo di cui si conoscono sia le risorse che la estenuazione civile. Solo un illuminismo”leggero” e ottimistico illuderebbe circa il superamento rapido di un gap così drammatico fra società e istituzioni. Che pretende ben altre risposte.
5 – L’intera elaborazione del “Dossier” è apparso riferirsi ad una comunità di dimensioni modeste che avrebbe bisogno di respirare in spazi più ampi situandosi in un network che recuperi tutti i terminali della sua storica odissea nel mondo: talenti, competenze ed energie che ne sono usciti per fertilizzare altri territori ed altre realtà. Santochirico lo scrive, ma il quadro del quale si sta ragionando è quello di una comunità virtuale, cioè di una generosa aspirazione, della istanza di un compimento che non può vivere solo di letteratura. Ha bisogno della “buona” politica.
6 – Ed ha bisogno di una “rivoluzione popolare”, non solo della egemonia elitistica, direi “neoborghese” che pure un ruolo positivo ha esercitato ed esercita. Un’impresa ai limiti dell’impossibile per il fallimento delle grandi agenzie che, nel dopoguerra, hanno “formato” la società civile, offrendole gli stampi per la organizzazione dell’offerta politica che ha accompagnato l’evoluzione e la modernità del Paese. Matera è “dentro” questa storia, pur se oggi naviga a vista.
7 – Qui torna il tema (non sorvolabile) della politica e delle sue responsabilità. Un quaderno di obiettivi e di incursioni nelle debolezze del potere costituito non potrebbe che evocare il tema cruciale del potere costituente. Che non può nascere dal nulla, dal chiacchiericcio, dalle polveri di un mondo che declina. Quindi nè dal riproporsi di un'”esperienza” che ha manifestato limiti e insufficienze, specie se presidiata da una politica indifendibile, perchè chiusa in un assurdo incolto e mediocre fortilizio, nè dal fermentare di un (legittimo) fervore (e rancore) populistico che pretenda di costruire un diverso potere tuttavia nè inedito nè innocente.
La politica ha durezze ma anche opzioni che solo la combinazione di coraggio e di qualità potrebbe far emergere. Purchè non ci si chiuda dentro inaccettabili transazioni e si scelga di rinnovare. Senza rinvii o espedienti, perchè il tempo è questo!
Se il libro di Santochirico avrà aperto una finestra sul mondo che cambia, senza illudere su avventure senza futuro, chiamando la politica al dovere e al rischio del cambiamento, sarà stato un bene. E dovremmo essergli grati.

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