X
<
>

Condividi:
6 minuti per la lettura

 

REGGIO CALABRIA –  «Il posto è mio e lo devo vincere». Valeria Falcomatà, la moglie dell’ex assessore regionale al bilancio del Pd della giunta Loiero, Demetrio Naccari Carlizzi, e sorella del capogruppo consiliare del Pd Giuseppe Falcomatà, con questa frase “richiama” Giancarlo Valenti, a mantenere l’impegno da lui assunto per farle vincere il concorso da dirigente di primo livello presso l’Unità operativa complessa di Dermatologia dell’ospedale di Reggio Calabria. Per quel posto il sostituto procuratore della Repubblica Mauro Leo Tenaglia ha iscritto nel registro degli indagati undici persone. Oltre a Naccari e la moglie, nei guai sono finiti Giancarlo Valenti, Vincenzo Schirripa, Giuseppe Foti, Mario Santagati, Domenico Mannino, Paolo Vazzana, Igino Aldo Postorino, Giuseppe Crisalli e Giuseppa Caserta. La vicenda è partita da una denuncia su presunti illeciti nella procedura del concorso di Maria Carmela Arcidiaco, direttore facente funzioni dell’unità di Dermatologia di Reggio. All’esposto in procura la professionista aveva allegato anche  registrazioni ambientali su Valeria Falcomatà. 

Andiamo ai fatti contestati dai magistrati. Naccari Carlizzi è indagato per concussione, corruzione e falsità ideologica. Secondo la Procura «abusando della sua qualità e dei suoi poteri di assessore della giunta della Regione Calabria (e quindi di pubblico ufficiale), ed in particolare del potere politico derivante da tale incarico, induceva la dirigenza in servizio presso l’Azienda ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli di Reggio, nelle persone di Santagati Mario (direttore generale), Mannino Domenico (direttore sanitario) e Vazzana Paolo (direttore sanitario del presidio) a promettergli e poi a dargli l’indebita utilità consistente nella vittoria della propria coniuge Valeria Falcomatà nel concorso da dirigente di primo livello presso l’Unità operativa complessa di Dermatologia (vittoria poi effettivamente realizzatasi)». Per tale tipologia di concorso la commissione doveva essere composta da tre membri, di cui uno di nomina regionale, uno di nomina interna all’Unità operativa interessata all’assunzione e uno estratto per sorteggio. 

Per raggiungere l’obiettivo, Naccari, servendosi del suo ruolo politico, si era impegnato per la nomina nella commissione della prova concorsuale, di Giancarlo Valenti, ovvero del membro di designazione regionale. Ma non è tutto. Perchè anche gli altri due membri sono affare di Naccari. Secondo i magistrati Naccari «induceva la dirigenza predetta a sensibilizzare in favore della Falcomatà il membro di nomina interna all’Azienda ospedaliera (individuato nella persona di Foti Giuseppe); a falsare la procedura di sorteggio per la nomina del terzo membro (reato commesso in concorso con i commissari sorteggiatori e con la dirigenza dell’azienda ospedaliera) in modo che la scelta ricadesse sulla persona di Schirripa Vincenzo (con il quale Naccari aveva stipulato l’accordo corruttivo, ndr)». Fatti commessi a Reggio il 24 novembre del 2009. Naccari, inoltre, è indagato con Valenti, per corruzione, per un atto contrario ai doveri d’ufficio «perchè ciascuno nella duplice qualità di corrotto e corruttore, compiva e si impegnava a compiere atti contrari ai doveri d’ufficio produttivi di utilità per l’altro (che li accettava in contropartita dei propri)». Ma quale era il tornaconto per entrambi? Il magistrato non utilizza mezze parole: Naccari vuole che la moglie vinca il concorso e Valenti si accontenta di essere nominato membro della commissione per il relativo compenso derivante da tale incarico. Quest’ultimo, a questo punto, prometteva a Naccari la vittoria del concorso della moglie Valeria Falcomatà. Anche quest’ultima è tra i destinatari dell’avviso di garanzia con l’accusa di corruzione «perchè in qualità di diretta beneficiaria degli atti contrari ai doveri d’ufficio che Valenti Giancarlo si era impegnato a compiere in suo, forniva contributo agevolatore alla realizzazione del reato, richiamando il Valenti agli impegni da lui assunti (rivolgendogli l’espressione «il posto è mio e lo devo vincere») ed inducendolo così a procurarle l’utilità promessa». 

Sempre Naccari è indagato con Vincenzo Schirripa. Il primo, infatti, procurava la nomina di Schirripa a membro della commissione giudicatrice nel concorso «procurandogli così l’utilità consistente nel relativo compenso». Ma non è tutto. Naccari prometteva a Schirripa «la nomina a primario dell’unità operativa complessa di dermatologia (nella procedura para-concorsuale che aveva luogo contemporaneamente al concorso da dirigente di primo livello, dalla quale sarebbe derivata per Schirripa l’utilità consistente nel prestigio dell’incarico e nell’aumento retributivo derivante dalla percezione dell’indennità di capo struttura». Come contropartita Schirripa doveva contribuire alla vittoria di Falcomatà al concorso. Veniamo agli indagati Giuseppe Foti, Mario Santagati, Domenico Mannino e Paolo Vazzana, accusa di abuso d’ufficio. Foti, in qualità di presidente della commissione del concorso, violava i principi «di buon andamento ed imparzialità della pubblica amministrazione», inoltre in unione e in concorso con Santagati, Mannino e Vazzana «fornivano contributo causale alla condotta istigando il Foti a perpetrarla». Pertanto «intenzionalmente procurava a Valeria Falcomatà l’ingiusto vantaggio patrimoniale consistito nella vittoria del predetto concorso e nel connesso trattamento retributivo. 

Sempre Naccari, assieme a Santagati, Mannino, Vazzana, Postorino, Crisalli e Caserta, è accusato di falsità ideologica in atti pubblici. Postorino, Crisalli e Caserta, in qualità di membri della commissione per il sorteggio di uno dei commissari del concorso «attestavano falsamente, nel relativo verbale, di aver estratto, mediante regolare procedura, il nominativo di Schirripa Vincenzo, mentre in realtà non effettuarono mai tale sorteggio». Per il magistrato la scelta di Schirripa è avvenuta “a tavolino”. Fatti commessi a Reggio il 5 marzo del 2009. Posizione pesante è anche quella di Schirripa che deve rispondere del reato di concussione perchè «avendo timore di non conseguire la controprestazione spettantegli in forza dell’accordo corruttivo (ovvero la nomina a primario dell’unità operativa complessa di dermatologia) abusando della qualità (e dei poteri connessi) di pubblico ufficiale, sostanziata nell’essere membro della commissione per il concorso da dirigente di primo livello dell’unità operativa complessa di dermatologia, cui partecipava (in qualità di candidata) Valeria Falcomatà, ed in particolare: inducendo a partecipare a tale concorso (in qualità di candidati) Borgia Francesco e Todaro Francesca (aventi curriculum di gran lunga superiori alla Falcomatà) così frapponendo alla vittoria della Falcomatà ostacoli che avrebbero potuto essere rimossi solo grazie al suo intervento, volto al ritiro della candidatura del Borgia e della Todaro (con i quali si era previamente accordato perchè fossero pronti a ritirarsi su sua richiesta, dal momento che gli stessi non nutrivano alcun interesse per l’esito favorevole della procedura concorsuale; arrestando indebitamente la procedura di espletamento di tale concorso dopo lo svolgimento delle prove scritte con l’implicito ricatto di non consentire il regolare svolgimento dell’iter concorsuale e di non permettere la vittoria della Falcomatà  se non avesse prima conseguito il primariato». E pertanto Schirripa, secondo la procura, «compiva atti idonei e diretti in modo in equivoco ad indurre il personale dirigenziale dell’azienda ospedaliera Bianchi-Melacrino-Morelli (nella persone di Santagati, Mannino e Vazzana) a conferirgli immediatamente l’incarico di primario di dermatologia (oggetto di parallela procedura amministrativa contemporaneamente pendente) e Naccari, (interessato, in qualità di coniuge alla vittoria della Falcomatà al concorso) ad esercitare pressioni (mediante il potere politico derivante dalla sua carica di assessore regionale) sulla predetta dirigenza al fine di garantirgli il primariato».

 

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE