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SIDERNO (RC) – «So che Franco faceva il sindacalista ed ha una ditta propria, non ricordo in che ambito, ma ha le cose affittate là pure dal sindaco. So che è molto vicino ad alcuni esponenti della ‘ndrangheta che sono suoi parenti, non so se fa parte della ‘ndrangheta». Sono le parole di un collaboratore di giustizia raccolte dai magistrati della Distrettuale antimafia che in questi giorni stanno continuando a sentire il pentito su fatti e persone che riguardano la provincia di Reggio Calabria ma anche le diramazioni delle cosche al Nord. Un sindacalista dunque con alle spalle gli uomini dei clan, è questo che ipotizzano gli inquirenti che hanno anche a verbale le dichiarazioni di un imprenditore che conferma e riscontra quanto riferito dal pentito. 

«Conosco questo Franco o Francesco non ricordo – ha raccontato l’imprenditore ai magistrati antimafia – so che faceva il sindacalista ed è venuto in azienda a perorare la causa per alcuni licenziamenti». Ma c’è di più, infatti non solo il collaboratore di giustizia conosce alcuni affari in cui “Franco” sarebbe entrato insieme agli uomini ritenuti affiliati alle cosche, ma gli investigatori avrebbero in passato intercettato una telefonata in cui una persona ritenuta di assoluto rilievo criminale faceva riferimento alla spartizione di 30 mila euro in cui l’ex sindacalista era coinvolto. Un episodio che era stato registrato dai Carabinieri del Ros in tempi non sospetti e che adesso torna agli onori della cronaca perchè un collaboratore di giustizia riprende il discorso sul sindacalista-imprenditore che era solito frequentare gli uomini della ‘ndrangheta. 
E proprio sulle parole del pentito si stanno adesso concentrando gli accertamenti degli investigatori, che attraverso le audizioni di imprenditori e altri soggetti coinvolti in alcuni affari con i presunti appartenenti ai clan, confermano e aggiungono particolari alle rivelazioni del collaboratore di giustizia. Ma ad attirare l’attenzione dei magistrati dell’antimafia ci sono anche le dinamiche della gestione degli appalti e delle assunzioni. Infatti, per come riferito da diversi proprietari di imprese, uno dei metodi con cui le cosche cercano di entrare in un cantiere è l’imposizione della mano d’opera. 
Sarebbero già diversi i riscontri trovati dai Carabinieri che avrebbero acquisito informazioni su chi e come si presenti negli uffici delle imprese e con insistenza provi a farsi assumere o a fare assumere persone vicine ai clan. Quasi ogni volta, subito dopo un rifiuto o una cacciata a male parole da parte dell’imprenditore, si sono verificati atti intimidatori come colpi di pistola contro i mezzi di un cantiere o contro i box degli operai. Un metodo collaudato che adesso anche un pentito sta rivelando agli investigatori. Tra gli accertamenti dei magistrati ci sono quelli che cercheranno di capire se il “Franco” legato ai sindacati possa avere avuto un ruolo sulla imposizione o la gestione del personale su importanti cantieri in cui la ‘ndrangheta aveva la volontà di entrare per fare business.
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