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POTENZA – Le carte della nuova centrale a biomasse di Stigliano sono tutte al loro posto. D’altra parte mancherebbe di «attualità e concretezza» la questione sollevata dai vicini del Comune di Aliano sulla «malcelata prospettiva che la centrale in questione possa trasformarsi in un “ecomostro” adibito alla termovalorizzazione di rifiuti solidi urbani ed altri prodotti dannosi per l’ambiente, ritenuti ammissibili dalla vigente legislazione».

E’ quanto ha stabilito il Tar Basilicata respingendo il ricorso presentato dall’amministrazione comunale contro le autorizzazioni concesse dalla Regione alla Green Power srl, ex Carlo Gavazzi Green Power spa.

Il collegio presieduto da Michele Perrelli (consiglieri Pasquale Mastrantuono e Benedetto Nappi) ha dichiarato inammissibili i ricorsi presentati dal “Comitato Civico Territoriale dei Calanchi -No Centrale Acinello” e da un cittadino Giuseppe Longo «comproprietario di un’impresa agricola biologica di produzione di olio extravergine di oliva ubicata a ridosso del sito prescelto».

Il primo perché il comitato non avrebbe dimostrato «di avere un collegamento stabile con il territorio ove svolge l’attività di tutela degli interessi stessi» che superi l’opposizione a un singolo progetto come quello della centrale. Il secondo perché non avrebbe dato «prova alcuna di quanto innanzi, non avendo anzi neppure precisato l’effettiva ubicazione dei beni immobili di cui ha asserito la contitolarità».

Il fulcro delle contestazioni al progetto ruotava sulla localizzazione dell’impianto che ricade nel territorio di Stigliano ma «a circa un chilometro in linea d’aria dal centro abitato di Aliano, così ledendo ad un tempo – sostengono i ricorrenti – gli interessi della popolazione ivi residente, la quale sarebbe destinata a subire i pesanti effetti derivanti dall’attività della centrale, in termini d’immissioni inquinanti (fumi, polveri, cattivi odori), di danni alla salute, di compromissione del paesaggio e della vivibilità dei luoghi, nonché le conseguenti gravi ripercussioni negative sulle attività turistiche ed agricole, fondamentali per l’economia locale».

Secondo i giudici i provvedimenti della Regione Basilicata in proposito «risultano sufficientemente motivati (…) attraverso il richiamo ai numerosi atti precedente e segnatamente, al complesso iter istruttorio sotteso» alle varie autorizzazioni incluso il giudizio positivo di compatibilità ambientale e paesaggistica». 

«Risulta dagli atti di causa – scrivono i magistrati del Tar – che la società controinteressata, nell’ambito del procedimento finalizzato al rilascio della valutazione di impatto ambientale ha prodotto, tra l’altro, apposita relazione concernente la motivazione circa gli aspetti localizzativi del sito, le alternative esaminate e la cosiddetta “alternativa zero”».

Un rimprovero va piuttosto al Comune di Aliano che «nel corso degli oltre due lustri in cui si è dipanato il complesso percorso amministrativo relativo all’impianto di cui è cenno, anche a seguito della ripetuta pubblicazione degli atti e della conseguente possibilità di presentare osservazioni, ha disposto di molteplici occasioni sia per intervenire attivamente dei procedimenti autorizzatori susseguitisi nel tempo, sia per reagire, in sede giurisdizionale, avverso i provvedimenti ritenuti lesivi degli interessi della collettività di riferimento, senza tuttavia aver concretamente esercitato tali prerogative».

L’impianto una volta realizzato potrà bruciare «il cippato di legno vergine e la paglia» per alimentare una turbina da 22 Mw di potenza.

Secono le prescrizioni del Piano energetico regionale la materia prima non dovrebbe essere prodotta oltre il raggio di 70 chilometri dall’impianto.

l.amato@luedi.it

 

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