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MELFI – Il Tar di Basilicata torna a esprimersi sul provvedimento della Giunta regionale con cui, a dicembre scorso, veniva bloccato il forno rotante dell’inceneritore di San Nicola di Melfi. E questa volta dà piena ragione a Fenice. Con motivazioni che mettono in evidenza tutti i limiti dell’azione di Regione e Arpab. E che soprattutto condannano Ente ed Agenzia a risarcire una somma, oltre a quella per spese legali, che verrà definita in seguito, per il danno economico arrecato. E’ quasi un anno esatto da quando, in una conferenza stampa congiunta, il presidente Pittella e il sindaco Valvano annunciavano il provvedimento nei confronti della società che gestisce l’impianto, a seguito dell’anomalo fumo rosso emesso dal forno. Da qui la decisione di sospenderne le attività. Ma per i giudici amministrativi di Potenza non ce n’erano le condizioni. La sospensione dell’attività – spiegano nella sentenza – è prevista solo nel caso in cui siano reiterate per due o più volte nel corso di un anno le violazioni rispetto alle prescrizioni all’Autorizzazione integrata ambientale. Ma – come ammette Arpab nella nota richiamata dalla Giunta regionale per motivare il provvedimento – l’Aia non prevede controlli di questo tipo. Dunque, l’Agenzia non valutato il potenziale impatto sull’ambiente di tale emissioni. E quindi non esiste alcuna prova scientifica per sostenere la tesi del pericolo ambientale. Nè – per il Tar – può essere applicato il principio comunitario di precauzione, come solo successivamente sostenuto dalle amministrazioni. Non ce n’è traccia – dicono i giudici – nel provvedimento ufficiale adottato dalla Giunta. Ma il Tar mette in discussione anche un altro aspetto asserito dalla Regione, che aveva accusato Fenice di “scarsa collaborazione” in merito a quanto accaduto, visto che la società non aveva trasferito gli atti richiesti da Arpab. Una circostanza che invece il Collegio amministrativo smentisce, asserendo che, documenti alla mano, «Fenice ha fornito l’assistenza necessaria per lo svolgimento delle verifiche tecniche relative all’impianto, come traspare anche dai processi verbali dei tre sopralluoghi Aarpab, nei quali non è fatto cenno alcuno a inadempienze o reticenze ed omissioni di sorta, ed ha prodotto, nei tempi concordati, la documentazione richiesta». Oltre a dichiarare “illegittima” la sospensione del forno a tamburo rotante voluto dalla Regione, il Tar riconosce anche il diritto di Fenice alla risarcimento del danno. Una somma, da aggiungere alle spese legali pari a 4.000 euro a carico delle pubbliche amministrazioni, che verrà definita in seguito, in base a parametri esistenti su cui Regione e Arpab dovranno quantificare il dovuto da proporre alla società.

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