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NOVA SIRI – C’è un’emergenza ambientale conclamata da almeno cinque anni, al confine tra le regioni Basilicata e Calabria, nel territorio di Nova Siri.

A mettere a rischio diverse attività economiche basate sulla pratica agricola, ma anche la parte sud dell’abitato della città jonica in espansione urbanistica, è il torrente San Nicola. Un alveo fluviale che, a dispetto del nome, ha la portata di un vero e proprio fiume, la cui piena ha fatto spesso paura negli ultimi anni. Tanto che la Regione Basilicata, da circa dodici anni, viene interessata da frontisti e Comune di Nova Siri per la messa in sicurezza degli argini. Lavori che, fino a cinque anni fa, sono serviti a tenere a bada la massa d’acqua, che durante l’inverno ingrossa l’alveo nella zona terminale, tra le contrade “Fontanelle” e “Lucido”.

Tre chilometri in cui gli argini oggi appaiono praticamente devastati, erosi alla base da quelli che sembrano più scavi, che azione fisiologica del fiume. Un fenomeno che ha già provocato danni ingenti alle colture lungo il tratto interessato, quasi tutte sul versante lucano, tra uliveti e agrumeti già in parte spazzati via dalla furia del San Nicola, che scorre a valle portando con sé detriti di ogni genere, comprese gabbionate e grossi pezzi di cemento armato, staccato dagli argini, dove un tempo era stato predisposto un sostegno migliore di quello naturale.

Quest’anno, come se non bastasse, anche il metanodotto che lambisce l’argine in zona Lucido è praticamente a mezzo metro dall’ultimo cedimento, che ha portato con sé anche alcuni alberi di ulivo. Più a valle ci sono i cantieri per la realizzazione della nuova Variante alla Statale 106 jonica, dove finiscono anche parte degli inerti regolarmente estratti dal letto del torrente; oggi i cantieri stessi rischiano di venire allagati. Ma questa è un’altra storia. Risulta al Quotidiano che la grave emergenza in corso, è stata oggetto di due esposti, presentati dai proprietari dei fondi interessati; il primo ad ottobre 2013, interessando l’Autorità di bacino, la Prefettura ed i carabinieri del Noe, oltre a Comune e Provincia; l’altro direttamente alla Procura della Repubblica, visto il debole esito della prima iniziativa.

Sul caso, pare stia indagando il Corpo forestale dello Stato, che avrebbe effettuato già alcuni sopralluoghi di verifica della situazione. Un problema facilmente constatabile, come documentano le foto scattate dal Quotidiano, che mette l’intera zona a rischio. Ma la Regione cosa fa?

Qui nasce il primo apparente paradosso, perchè il massimo ente lucano negli ultimi anni, attraverso delibere di Giunta prima e determine dirigenziali oggi, autorizza l’attività di estrazione degli inerti dal letto del San Nicola, con contestuale ripristino dell’officiosità idraulica, proprio in agro di contrada Fontanelle. L’ultima determina dirigenziale risale al 17 ottobre 2013, quando la Regione ha incaricato la ditta “Cave Sinni Srl” di Policoro, la quale aveva chiesto l’autorizzazione ad effettuare i lavori, con tanto di progetto e documentazione tecnico-amministrativa, che attesta “le capacità tecniche ed economiche per la conduzione dell’intervento -si legge nella determina- e che trattasi di ditta tecnicamente organizzata per la lavorazione e l’impiego dei materiali interti estratti”. L’obiettivo è quello di “movimentare e rimuovere i depositi detritico-alluvionali, per una quantità computata dal progetto in complessivi 9.887,18 metri”, come risultato della differenza tra il materiale totalmente estratto (25.514, 92 mc) e quello reimpiegato per rafforzare gli argini.

La Regione prescrive anche l’obbligo di rimuovere e movimentare il materiale “senza danneggiare le sponde del corso d’acqua interessato”; comunque non rimuovendo materiale “al di sotto della quota della portata di magra”, proibendo esplicitamente di “accumulare nell’alveo tanto i materiali estratti e da asportarsi, quanto i materiali non idonei alla lavorazione. Tale materiale, opportunamente selezionato, dovrà essere disposto a piede delle sponde esistenti, costituendone idoneo presidio…senza lasciare, anche temporaneamente, depressioni, buche e depositi caotici”. Allora la domanda nasce spontanea: cosa sta accadendo sul torrente San Nicola? Perchè, con un progetto di ripristino in corso, oggi ci sono le sponde vistosamente erose e già cedute in più punti, tra gabbionate finite nell’alveo, vecchi ponti di cemento crollati, il tratto centrale chiaramente sopraelevato fino a far battere la furia della piena sugli argini.

Senza contare l’evidente erosione in più punti al di sotto della quota di magra, dove è venuta fuori l’argilla e la sponda sembra in un situazione di cedimento imminente. E’ stato il torrente a fare questo danno? Se così fosse, a cosa serve il progetto di ripristino dell’officiosità idraulica, se il soggetto esecutore, la Cave Sinni, non interviene sui punti di criticità in piena stagione invernale? Infine: quanti inerti sono stati estratti dal greto del torrente e con quali criteri? Evidentemente c’è qualcosa che potrebbe non funzionare e, forse, la Regione dovrebbe vigilare sul rispetto delle proprie determine dirigenziali, visto che chi estrae inerti dal letto del torrente, ne ricava anche un utile, soprattutto mentre sono in corso i lavori per la nuova Ss 106 jonica.

Arrivando in contrada Fontanelle, abbiamo visto il cantiere della Cave Sinni, circa tre ettari sovrastati da una enorme montagna artificiale di inerti. Sono stati tutti estratti dal San Nicola, o provengono da altri siti? Elementi oggi al vaglio degli inquirenti del Corpo forestale, perchè i frontisti chiedono chiarezza e, soprattutto, la messa in sicurezza degli argini a tutela dei fondi agricoli, ma anche delle abitato di Nova Siri.

a.corrado@luedi.it

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