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BORGIA (CZ) – Quel “mega villaggio a mare” per anni aveva rappresentato il punto di forza delle amministrazioni che si erano succeduti alla guida del Comune di Borgia, a una manciata di chilometri dalla città capoluogo. Era il villaggio comunale nato per garantire le vacanze estive anche ai cittadini meno facoltosi. Salvo trasformarsi in quel vero e proprio “colossale abuso edilizio ed ambientale” finito al centro di un’inchiesta che adesso potrebbe trascinare sotto processo ben 13 persone, tra ex amministratori comunali – sindaci compresi – e dirigenti, ritenuti i responsabili di quel groviglio di illeciti di natura edilizia ed ambientale che già due anni fa portarono al sequestro dell’intero villaggio.

Di cui adesso non resta più nulla. Demolito. Dalle ruspe inviate su imput del sostituto procuratore, Carlo Villani, che adesso ha spedito una richiesta di rinvio a giudizio all’attenzione dell’ufficio gip-gup a carico degli ex sindaci Giovanbattista Sgromo (dal 1997 al 2001), Antonio Valeo (dal 2001 al 2004) e Domenico Rijllo (dal 2006 al 2010), degli ex assessori comunali che si sono succeduti dal 2006 al 2010, Francesco Sacco, Salvatore Abbruzzo, Riccardo Bruno, Giustiniano Chiarella, Rosanna Passafaro e Antonio Ferragina, del responsabile dell’“Area amministrativa” del Comune, Armando Zaccone, del responsabile dell’Ufficio tecnico comunale-settore Urbanistica, Sebastiano Valentino, dell’attuale responsabile dell’ufficio tecnico-settore Urbanistica, Ubaldo Bertucci, e del responsabile dello stesso ufficio, Michele Ranieri.
Tredici posizioni, dunque, accomunate dalla discutibile gestione del villaggio situato nella frazione Roccelletta, di cui si era parlato a lungo anche nella relazione che, cinque anni fa, portò allo scioglimento del Consiglio comunale di Borgia per infiltrazioni mafiose, per via delle concessioni rilasciate a personaggi ritenuti vicine alle cosche. Abuso di ufficio e violazione di norme in campo urbanistico ed ambientale, le ipotesi di reato dalle quali i tredici imputati dovranno difendersi davanti al gip, in occasione dell’udienza preliminare nel corso della quale si tornerà a parlare di piazzole ampliate nel tempo, inglobando delle pertinenze di proprietà comunale che sono state recintate e pavimentate, della quasi totalità delle costruzioni che presentano manufatti in muratura, così da trasformare, come si legge nel provvedimento, delle costruzioni provvisorie in vere e proprie seconde case estive, con tanto di condizionatori, tv satellitare e scarico doccia non autorizzato. 

Per non parlare dell’affidamento delle piazzole in questione sempre alle stesse persone, o a prestanomi, di volta in volta utilizzati per non dare troppo nell’occhio, con tenori di vita non proprio modesti e, in alcuni casi, vicini ad ambienti malavitosi. Dunque, senza alcun cambio di assegnazione, in totale violazione del bando che ne regolava l’affidamento. Per non parlare del fatto che, nonostante alcuni degli assegnatari per qualche anno non avessero pagato il canone di locazione, peraltro irrisorio, l’Amministrazione comune avrebbe continuato a concedere tali spazi, proprio come avrebbe fatto con l’assegnazione dello spazio relativo al bar del villaggio. 

Di più. Alcuni cittadini, ritenendo il diritto ormai acquisito, avrebbero addirittura venduto tale concessione, con tanto di atto di compravendita, venendo palesemente meno al senso di sostegno sociale, con il quale era stato costruito il villaggio comunale. «Una situazione scandalosa», per dirla con il magistrato, che ha chiuso il cerchio su quelle “vere e proprie compravendite portate a buon fine grazie alla compiacenza degli esponenti comunali che, di volta in volta, avrebbero “regolarizzato” la situazione dal punto di vista formale, facendo subentrare l’acquirente nel (fittizio) rapporto concessorio con il Comune”. Insomma, secondo il magistrato, si sarebbe venuto a creare un vero e proprio sistema parallelo illegale, che non avrebbe rispettato nemmeno le norme illegittime ed illegali che erano state poste alla sua base.

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