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di PARIDE LEPORACE

IN tempi di discussioni chiuse il confronto aperto dei vertici del Pd lucano è stato un buon momento per chi è interessato alla costruzione di democrazia digitale. L’assemblea regionale ha mostrato picchi notevoli di vera politica. Mi riferisco alla celebre definizione che ne fece Rino Formica nello storico aforisma: “la politica è sangue e merda”. Il protagonista principale della serata è stato Erminio Restaino. Non condivido in larga parte il giudizio negativo che qui a fianco ne offre Vito Bubbico (è questa la forza di un giornale plurale e polifonico). Di Restaino ho soprattutto apprezzato la frontale polemica con la nostra testata. Pur sostenendo questioni non vere, l’assessore regionale ha il merito di essersi scontrato con il QdB su temi reali e non virtuali, dimostrando anche stile nella polemica. Restaino, considerata la sua posizione nell’angolo, ha avuto il merito d’interrompere la messa cantata sulla discontinuità andata in scena fino a quel momento (con l’eccezione delle pesanti sofferenze territoriali espresse da Altobello e Santarsiero) compiendo una grande operazione di verità. La dirompente questione della “procura parallela alla Regione” viene analizzata in altro articolo da Andrea Di Consoli e continuerà ad essere radiografata con attenzione da parte nostra. L’assessore defenestrato in pectore ha svelato la congiura, e da quello che comprendiamo, si è visto costretto a rivelare quello che tradizionalmente resta nei corridoi lasciando impietrita quasi tutta l’assemblea. Da questo momento il Partito-regione per la prima volta nella sua storia è affondato immobile nello stagno tracciato nella metafora del governatore De Filippo. C’è voluta la consumata abilità assembleare di un Vincenzo Folino per salvare il salvabile. Il cordoglio per i morti dell’alluvione ha stemperato la tensione, poi la difesa sul dialogo critico con questa testata (per fortuna gli scontri pubblici con il presidente del Consigli escludono combine sotto banco) e poi l’altro punto di verità. Sul clientelismo “siamo tutti colpevoli”. Questo è il tema politico. La virtuosa Basilicata in tempi di crisi può sostenere il clientelismo da cerchio magico al posto del clientelismo per tutti? Resta da capire se Folino prepara una delle sue exit strategy o se s’impegnarà nell’attraversamento dello stagno, le prossime ore saranno rivelatrici del dilemma. Salvatore Margiotta, da capocorrente, ha svolto un intervento di certificata prosa democristiana piazzando due colpi a suo favore. Ha prima incassato il suo “ve l’avevo detto alla precedente direzione che le cose non vanno bene e mi avete emarginato”. Poi ha svelato la pesante contraddizione del segretario Speranza illustrata nella relazione: inutile affermare che non ci sono capri espiatori considerato che l’hai trovato in Restaino, dimostrando che il giovane Roberto non è per niente sprovveduto rispetto al cinismo politico. Un altro momento di forte climax è stato rappresentato dal discorso di Antonio Luongo. Gli otto “cacchio” recitati come intercalare sono stati la spia anche di un dramma consumato sul fraterno rapporto umano con Restaino. Luongo ha cercato inutilmente di convincere Restaino al senso di appartenenza al partito, quasi evocando una religiosità maoista di generosità non compresa o forse non più comprensibile. Nelle parole di Luongo si è rappresentata plasticamente la vertigine di caduta del Pd e del suo stato di crisi. Le repliche di Speranza e De Filippo sono state da riflesso condizionato. Il governatore è stato costretto a rispondere all’intervento di Antonello Molinari per evitare di polemizzare con il Restaino che aveva difeso in pubblico e forse deciso di defenestrare in privato. Questi i fatti nodali. C’è stato anche altro. Speranza nella relazione introduttiva ha fatto un’ottima disamina sulla Basilicata che giunge tardi nella modernità, dimostrando di essere bravo dirigente nell’analisi ma ancora timido nel maneggiare il sangue e la merda della politica. Il dibattito ha anche annunciato l’intenzione del partito di arrivare ad una grande confronto con il popolo inquinato di Basilicata e le sue rappresentanze avanguardiste sui temi ambientali. Un punto di grande soddisfazione per l’opinione pubblica e per questo giornale che per settimane ha chiesto interlocuzione e dialogo su questi temi ricevendo un rumoroso silenzio. E qui viene in soccorso il poeta che rimava: “Non chiuderti, partito, nelle tue stanze, resta amico dei ragazzi di strada”. Ci pensi bene chi deve discontinuare. Rischiereste di rimanere impaludati nello stagno.

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