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LAGONEGRO – Il modus operandi era collaudato. Prima prendevano di mira aziende della zona che gestivano appalti sulla Salerno Reggio, poi passavano alle vie di fatto con atti intimidatori, anche incendiari, nei confronti dei titolari delle imprese.
Otto gli episodi avvenuti tra il maggio del 2013 e il febbraio del 2012 per i quali sono stati arrestatu Biagio Riccio originario di Lagonegro, Eugenio Torino di Maratea e Guerino Buldo di Sasso di Castalda il solo dei tre, che è ai domiciliari.
Per gli altri due, invece, è stata predisposta la custodia in carcere. L’accusa è di tentata estorsione aggravata dal metodo mafioso.
I particolari dell’operazione denominata «Teseo» – delegata ai Carabinieri di Lagonegro, con la partecipazione della Procura lagonegrese e coordinata dalla Procura distrettuale antimafia di Potenza – sono state illustrate dal Procuratore della Repubblica del capoluogo lucano, Luigi Gay.
Una indagine certosina quella dei militari dell’Arma che, attraverso un complesso uso di intercettazioni ambientali e telefoniche – oltre che da riscontri investigativi sulla base di alcune testimonianze – è riuscita a risalire ai presunti autori delle intimidazioni.
A dare un aiuto poi agli investigatori anche alcune telecamere di sorveglianza. Per contattare gli imprenditori, infatti, sono state utilizzate delle cabine telefoniche nei pressi di un autogrill.
I presunti estorsori sarebbero stati filmati mentre utilizzavano quei telefoni pubblici e i tabulati avrebbero successivamente confermato tali circostanze.
Ma non solo. Alcuni video sarebbero stati “girati” anche all’interno della macelleria gestita da Biagio Riccio.
Tutto questo, ha spiegato il procuratore distrettuale antimafia, Luigi Gay «ha consentito di acquisire una serie di ulteriori inconfutabili elementi probatori anche in relazione agli altri episodi intimidatori ed estorsivi contestati».
Secondo quanto è emerso fino a questo momento dalle indagini, nessuno degli imprenditori avrebbe pagato le somme richieste, ma in alcuni casi gli stessi avrebbero chiesto informazioni e contattati dopo le minacce ricevute.
Ma a preoccupare non poco gli stessi inquirenti, è il quadro che potrebbe muoversi dietro gli arresti.
«Riteniamo – ha ripreso il procuratore Gay – che queste attività difficilmente potevano espletarsi se non dietro l’avallo di organizzazioni più potenti».
Il procuratore non si sbilancia e non fa nomi. «Siamo aperti – ha detto – a ogni possibilità».
Ma «collegamenti di un indagato con ambienti calabresi» (è scritto nella nota ufficiale della procura) potrebbe far pensare a sodalizi criminali operanti proprio in quelle zone. Ovviamente non c’è nulla di concreto se non il fatto che le indagini si stanno concentrando su eventuali contatti con le organizzazioni criminali della Campania e della Calabria.
Il procuratore comunque ha lanciato l’allarme.
«Molti episodi si sono verificati in Basilicata con questo tipo di modalità – ha ripreso Gay, rispondendo ad alcune domande dei giornalisti – ci sono stati diversi episodi nel melfitano come nel metapontino. Siamo una regione accerchiata. Quello che possiamo fare attraverso le nostre indagini, è contenere queste infiltrazioni che provengono dalle regioni confinanti».

g.rosa@luedi.it

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