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I FINANZIERI del Comando provinciale di Roma hanno arrestato negli scorsi giorni Pasquale Capano, noto imprenditore calabrese da anni residente nella capitale, accusato di legami con la ‘ndrangheta e ambienti della malavita locale (banda della Magliana e clan Casamonica). Secondo gli investigatori, l’imprenditore – attraverso società intestate a prestanome – avrebbe effettuato una serie di investimenti nel settore turistico immobiliare agevolando anche indirettamente il potente clan Muto di Cetraro, in provincia di Cosenza. 

ARRESTATI ANCHE I FAMILIARI – Nel marzo 2013, il Gico del Nucleo di polizia tributaria, coordinato dalla Dda di Roma, aveva già sottoposto a sequestro preventivo un’importante azienda operante nel settore agricolo-zootecnico, in una nota località turistica lucana, di fatto riconducibile all’imprenditore. La nuova operazione, denominata “Hummer 2”, ha portato all’arresto, oltre che del Capano, della moglie e del cognato (entrambi ai domiciliari) e rappresenta l’esito di un complesso iter giudiziario. Durante le perquisizioni, nel suo pc è stata trovata una lettera indirizzata ad un pregiudicato, una vera e propria lezione di “codice mafioso” in cui si sottolinea come l’affiliazione ‘ndranghetista sia “una scelta di vita” e non solo un’opportunità di business. 

LA ‘NDRINA PER IL “MUTUO SOCCORSO” – I giudici del riesame hanno sottolineato la forza probatoria della lettera in cui si spiega come l’essere ‘ndranghetisti sia una scelta non più revocabile, che crea un vincolo di sangue ineludibile tra gli associati, chiamati sempre ad un mutuo soccorso anche e soprattutto nell’ipotesi di (prevedibili) “infortuni giudiziari”. «La prima cosa che mi è stata spiegata nelle prime frequentazioni di alcuni ambienti – si legge nel documento – è stata la differenza fra concetto di amicizia e fratellanza… infatti l’amicizia è espressione di una frequentazione abituale, la fratellanza rappresenta un legame». E ancora, «…è proprio su questo principio (fondamento della filosofia massonica) che è stato concepito il ‘rituale iniziaticò di accettazione ed ingresso nella sacra famiglia e onorata società, radicato nella storia antica della nostra terra d’origine». «Il tempo – scrive ancora Capano – ha dato ragione agli uomini d’onore di una volta, che consideravano l’onorata società pari alla sacra famiglia, non come opportunità affaristica ma come scelta di vita che imponeva regole basate sul principio dell’onorabilità e della fratellanza». 

PERSINO IL PASSAPORTO DIPLOMATICO – Secondo le Fiamme gialle, «importanti collaboratori di giustizia» e «acquisizioni investigative pregresse» avevano già consentito di individuare in Capano un «soggetto vicino all’organizzazione ‘ndranghetista, operativa nella zona di Roma. Capano si poteva muovere addirittura con un passaporto diplomatico; era in contatto con personaggi di spicco della criminalità romana quali Enrico Terribile, vicino al più noto Enrico Nicoletti, entrambi coinvolti in diverse indagini per usura ed estorsione; in affari e responsabile di specifiche condotte usuraie insieme a Luciano Casamonica, altro personaggio di spicco della mala capitolina».

LA REPLICA DELL’IMPRENDITORE E DELLA FAMIGLIA. In relazione a quanto accaduto i legali dei signori Pasquale Capano e Antonella Fusconi hanno inteso inviare una precisazione (LEGGI IL TESTO INTEGRALE) con cui hanno chiarito che «né il signor Capano né tantomeno la sig.ra Fusconi risultano essere mai stati condannati per, ovvero imputati del, reato di associazione di stampo mafioso quali appartenenti alla ‘ndrangheta. Parimenti, nessuna incolpazione di tal guisa viene mossa loro nel procedimento penale oggetto delle notizie di stampa». Inoltre, i legali, come è possibile leggere nel testo integrale, precisano che «il sig. Capano si trova in stato di custodia cautelare in carcere non già per il reato di appartenere alla ‘ndrangheta o altra associazione mafiosa, sibbene per i reati di interposizione fittizia di persona, commessi tutti in epoca risalente ad oltre un lustro fa, tanto che almeno uno di essi risulta a tutt’oggi già estinto per intervenuta prescrizione».

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