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POTENZA – Diventa un libro la tragica storia di Domenico Lorusso, il giovane ingegnere potentino ucciso a Monaco di Baviera da un balordo del quale ancora è ignota l’identità.
Il libro – “Un solo essere” – è stato scritto da Marco Montemarano che, toccato personalmente dall’omicidio avvenuto nel 2013, ha deciso di raccontare la perdita e l’elaborazione del lutto visto da due angolazioni diverse. E ieri il lavoro è stato presentato anche nella trasmissione di Radio Tre “Fahrenheit”.
I protagonisti del libro sono Martin e Natalia (ovviamente nomi di fantasia). Martin si è da poco trasferito ad Erlangen dove Natalia ha vinto un dottorato. E in progetto c’è il matrimonio. I due stanno tornando a casa in bicicletta dopo aver cenato insieme, quando accade l’irreparabile. Uno sconosciuto sputa in faccia alla ragazza e il giovane va a cercarlo per chiedere spiegazioni. Ma non è il dialogo che cerca lo sconosciuto. Tira fuori il coltello e il resto è, purtroppo, storia nota.
«E’ la prima volta che lavoro a caldo ma non lo ho scelto – ha raccontato l’autore in un’intervista all’Ansa – E’ una cosa che mi ha profondamente scosso e ossessionato perchè è successo a 200 metri da casa mia e la vittima di 31 anni, era il fidanzato di una mia ex studentessa, 28 anni di Potenza, come lui».
Scrittore, giornalista, traduttore e musicista, nel 2013 ha vinto il Premio nazionale di Letteratura Neri Pozza con “La ricchezza”.
«Ho parlato molto con la mia ex studentessa, della rabbia, del suo ritorno alla vita, della fede che la ha molto aiutata. Ho speso notti intere a fare ricostruzioni di chi poteva essere stato: un vicino di casa, un punk, uno stalker, un fuori di testa. Tutte supposizioni riportate in corsivo nel romanzo».
«Tutto era cambiato, la percezione del luogo in cui abito e della città», spiega lo scrittore che prima dell’omicidio stava scrivendo una storia con protagonista un professore che non ha elaborato un lutto, non è riuscito a fare i conti con il passato, con quel “prima” che è uno dei temi forti di Montemarano.
«Così queste due storie sono entrate in risonanza ed è nato “Un solo essere”, un romanzo in cui si parla di due modi di affrontare il lutto. Nel primo caso siamo davanti a una elaborazione del lutto. Nel secondo caso a un trauma non elaborato. In entrambi i casi di fronte ad una perdita».
«Ho lavorato – spiega lo scrittore – su una materia calda e su una fredda. E’ un po’ questo l’esperimento». Da qui la citazione da Alphonse de Lamartine nella dedica d’apertura: “Un solo essere vi manca, e tutto è spopolato”.
Montemarano ha dato a questa storia anche un respiro che va oltre la dimensione personale dei protagonisti riuscendo a parlarci anche del tempo in cui viviamo. Come quando racconta dei due profughi minorenni somali di cui si occupa Natalia che fa volontariato.
«Parlo anche di come viviamo i conflitti nelle nostre società opulente», dice l’autore che vive nella città dove sono arrivate migliaia di profughi ma, «come accade sempre in Germania i mondi vengono tenuti separati. Così di quello che accadeva alla stazione di Monaco i cittadini hanno avuto una percezione limitata, era molto più evidente dai telegiornali».

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