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POTENZA – Una lista infinita, praticamente ogni tipo di rifiuto possibile è entrato nei forni della Fenice di Melfi e alcune volte in quantità considerevoli, non importa se classificati come pericolosi o no. C’è anche questo nella fitta documentazione sull’autorizzazione integrata ambientale per l’inceneritore. Una lunga lista relativa al 2013 con ogni tipologia di rifiuto per codice europeo di riconoscimento e le relative quantità e tonnellate annuali. Ed è molto interessante capire cosa viene bruciato all’interno dell’impianto, anche per cercare di fare più chiarezza su quanto viene trasportato al suo interno. Ma l’operazione trasparenza va a cozzare con la stessa tabella europea sui rifiuti, che lascia troppo spazio al “generico”, che è poi quello che viene scaricato e incenerito in maggiore quantità all’interno della Fenice.

Sì perché nel 2013 sono state immagazzinate e stoccate 15mila 518 tonnellate di “altri rifiuti” prodotti dal trattamento meccanico. In pratica si tratta di quella frazione indifferenziata che contiene tutto: dall’organico alla frazione secca. Altra questione invece le 12mila 022 tonnellate di spazzatura mista, da trattamento meccanico ma contenente sostanze pericolose. Fenice brucia soprattutto questo: scarti indifferenziati pericolosi e non. A seguire ci sono le oltre 5mila tonnellate di quelli che vengono definiti “rifiuti pericolosi parzialmente stabilizzati” e riguardano una fascia molto ampia di prodotti classificati come pericolosi: dai solventi a materiale chimico. E ancora: oltre tremila tonnellate all’anno di “fanghi prodotti da pitture e vernici, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose”. Altra cosa è la terra vera e propria che arriva soprattutto dalle zone petrolifere e contaminate da fanghi di dragaggio. In questo caso si superano le mille tonnellate annue di terra contaminata che finisce all’interno dei bruciatori o nelle aree di stoccaggio. Ma dentro il forno a tamburo finiscono anche mille tonnellate e mezzo di imballaggi contaminati da sostanze pericolose.

È chiaro quindi che Fenice svolge un ruolo fondamentale soprattutto nello smaltimento di rifiuti pericolosi e scarti industriali provenienti dalla filiera del petrolio. Altrimenti sarebbe piuttosto complicato mantenere in vita l’intero processo di incenerimento. È quindi tutto sommato l’industria lucana a tenere Fenice occupata. Se si continua a scendere si notano le 900 circa tonnellate annue di “pitture e vernici di scarto, contenenti solventi organici o altre sostanze pericolose”. Per quanto riguarda la filiera petrolifera vengono registrate solo le circa 4 tonnellate di “fanghi prodotti dal trattamento in loco degli effluenti, contenenti sostanze pericolose”, mentre si smaltiscono 3 tonnellate e mezzo di petrolio vero e proprio, considerato però come rifiuto di carburanti liquidi, circa 15 tonnellate e mezzo di altri carburanti e meno di una tonnellata di olio combustibile e carburante diesel. E ancora: legno, plastica, metalli, vernici, inchiostri, apparecchi elettrici. Tutto finisce nella struttura dell’Edf. E questo dimostra anche un’altra cosa: la tipologia di materiale maggiormente bruciato è l’indifferenziato, che costituisce praticamente l’asse portante dell’intero sistema. Non è solo una semplice informazione anzi è la manifestazione di un assioma fondamentale: se in Basilicata si cominciasse a differenziare in maniera spinta, forse anche Fenice sarà costretta a bruciare di meno.

v.panettieri@luedi.it

 

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