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POTENZA – I trenta operai che lavorano nell’inceneritore Fenice hanno chiesto l’intervento del prefetto Rosaria Cicala in merito alla vertenza in corso sulla sicurezza sul posto di lavoro. E ieri a supportare la delegazione che è stata accolta a Potenza c’era un nutrito gruppo di lavoratori, il tutto il giorno dopo lo sciopero all’interno della struttura.

E sono gli stessi operai a raccontare dell’ultimo incidente accaduto all’interno dell’inceneritore, avvenuta il 17 marzo alle 23:50. Un’esplosione all’interno del trituratore di rifiuti industriali che ha provocato anche qualche danno da tenere in considerazione. In primis la rottura dei vetri della cabina gru e poi la rottura dei chiavistelli del portellone di immissione dei rifiuti all’interno del trituratore. Ma questo è soltanto l’ultimo dei casi registrati in una struttura che, fanno sapere gli operai, è vecchia e ha bisogno di manutenzione costante, nonché di un numero più elevato di operai che possano mantenere in sicurezza l’intero ciclo. Non è la prima volta infatti che all’interno vengano arginati incendi a punti strategici delle linee. Incidenti che però non sembrano essere stati pesi in considerazione durante la visita dell’Asl a differenza dell’ispettorato del lavoro che pochi giorni fa ha fatto un sopralluogo all’interno della struttura cercando di capire le cose dal punto di vista degli operai stessi.

Dunque la questione Fenice rischia di diventare molto più complicata di ora. La situazione attuale parla di cassa integrazione straordinaria per gli operai a causa di un sensibile abbassamento delle commesse, stando a quanto dicono i vertici dell’azienda, e l’annullamento del contratto integrativo, con un sensibile taglio degli stipendi. Ma dall’altra parte gli operai dicono l’esatto contrario. Perché all’interno di Fenice si lavora, anche troppo e servirebbe qualche elemento in più utile a coprire i turni. Ma è anche questo un cane che si morde la coda: la cig ha di fatto sottodimensionato l’impianto rispetto al carico di lavoro giornaliero. E poi c’è il mancato rinnovo del contratto integrativo, che significa una pesantissima riduzione dello stipendio, con picchi che arrivano anche sui settecento euro in meno in busta paga.

Una vera e propria mannaia sulla testa dei lavoratori già al lavoro in un contesto estremamente difficile. Ma le ultime preoccupazioni sono anche di tipo ambientale. A causa di impianti troppo vecchi il rischio che da Fenice escano sostanze pericolose è sostanzialmente raddoppiato.  Ma Da che parte sta la ragione? Intanto gli operai incassano la solidarietà di Sinistra Ecologia e Libertà che si affida ad un comunicato stampa per dimostrare vicinanza ai trenta lavoratori dell’impianto di Fenice

«A causa del mancato rinnovo – scrive Maria Murante –  e di conseguenza, della mancata applicazione del controllo integrativo aziendale, quelle stesse lavoratrici e quegli stessi lavoratori costretti a lavorare in condizioni di sicurezza assolutamente inadeguate, arrivano a perdere mensilmente fino a 700 euro.

Sollecitiamo pertanto le istituzioni interessate – tra cui Regione e Comune di Melfi – a convocare l’azienda e le parti sociali per costruire un tavolo in cui, così come chiedono i lavoratori attraverso le rappresentanze sindacali, si possano trovare soluzioni alle gravi problematiche insistenti».

v.panettieri@luedi.it

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