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POTENZA – «Persone capaci di abusare delle armi». Così la legge descrive i soggetti a cui vietare la detenzione di pistole fucili e quant’altro, anche se acquistati e dichiarati rispettando le regole, nel caso in cui rappresentano un pericolo per la «pubblica sicurezza». Senza nessuna distinzione tra cittadini ed eletti, come dimostra quanto accaduto a due consiglieri regionali lucani.

Si sono rivolti al Tar ma dovranno aspettare il prossimo 5 giugno per sapere se le loro doglianze verranno accolte Antonio Autilio (Cd) e Antonio Flovilla (Udc). Il primo, avvocato, è un consigliere regionale uscente, mentre il secondo è rimasto in carica fino al 2010 poi è tornato a dedicarsi alla sua impresa, un laboratorio-poliambulatorio convenzionato di Rionero.

Ad ottobre i rendiconti dei rimborsi intascati per le loro spese di rappresentanza erano finiti – assieme a quelli degli altri – sotto la lente degli investigatori. 

Indagati entrambi per falso e peculato, ad aprile erano stati raggiunti dall’ordinanza di misure cautelari disposta dal gip Luigi Spina.

Per Autilio si è trattato di 3 settimane di “esilio” dal capoluogo e del sequestro di meno di 6mila euro sul conto corrente. Per Flovilla, invece, soltanto del sequestro di poco più di 7mila euro.

Tanto è bastato, in Questura, a far partire le pratiche per l’inibizione del rispettivi porto d’armi.

A nulla sono valse le loro rimostranze. Il 26 luglio, 4 giorni dopo la richiesta di rinvio a giudizio avanzata dai pm Francesco Basentini e Sergio Marotta, il prefetto Antonio Nunziante non ha avuto più esitazioni. 

«Divieto di detenere qualsiasi specie di armi, munizioni o materie esplodenti». Questa è stata la sua decisione.

La vicenda è arrivata al Tar il mese scorso, ma è stata discussa soltanto mercoledì dai difensori dei due consiglieri e dall’avvocatura dello Stato  davanti al presidente Michele Perrelli, e i colleghi Antonio Ferone, e Giancarlo Pennetti.

Risultato: un punto a favore di Autilio e Flovilla. Almeno all’apparenza.

Infatti i giudici hanno fissato una nuova udienza per la definizione del merito a giugno, rispetto ai tempi normali che di solito superano l’anno.

E’ la procedura prevista quando il Tar ritiene che «le esigenze del ricorrente siano apprezzabili favorevolmente e tutelabili adeguatamente con la sollecita definizione del giudizio nel merito». Cosa che non significa che hanno per certo ragione, ma ci si avvicina. Come a dire che una richiesta di rinvio a giudizio per falso e peculato non può diventare equivalente a un giudizio di pericolosità rispetto alla capacità di abusare di armi da fuoco. Per il consigliere come per l’imprenditore.

l.amato@luedi.it

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