X
<
>

Condividi:
2 minuti per la lettura

POTENZA – I capelli lunghissimi e neri e gli occhi pesantemente truccati, su un corpo esile, ma pieno di forza: l’aspetto di una donna greca con i colori del mediterraneo. Parlo di Elena Fucci, Enologa ed imprenditrice Lucana di grandissima eccellenza.

Trentadue anni, ma con l’esperienza alle spalle di una famiglia costituita da viticoltori che da Salvatore a Generoso e poi Salvatore, hanno trasferito la passione per la terra, la vite e il vino ad Elena.

Sentirla parlare dona quella speranza di cui dovrebbe essere dotato ogni giovane di quell’età; entusiasticamente appassionata ama ogni vite, ogni chicco d’uva, ogni botte, ogni bottiglia, ogni bicchiere, ogni sorso che sa sapientemente porgere alle labbra intenditori e non.

Elena Fucci sta viaggiando per  #ReStartSud e fra tutti mi ha particolarmente incuriosita, forse perché è donna, forse perché e giovane e forse perché in lei riconosco lo stesso entusiasmo che avevo io alla sua età, il suo vino si chiama Titolo, ne produce 18.000 botiglie ogni anno e l’80 percento di questa produzione viene venduta all’estero.

Elena dunque è una vera ambasciatrice della Basilicata, una vera ambasciatrice, una di quelle che nella tradizione, nel rispetto dell’identità, nelle radici familiari, ha inventato l’innovazione giusta.

Perché l’innovazione non significa tecnologia, o solo tecnologia: innovazione significa avere la capacità di riscoprire nel passato e trascinare dal passato gli aspetti migliori per poter andare verso un futuro fatto di qualità.

Quel futuro che sa ben discernere il benessere dal benestare: Elena è un vulcano attivo che vive alle falde del Monte Vulture che, invece, è un vulcano spento come tutti quei giovani che non sono capaci di trovare nelle proprie radici la qualità migliore del proprio vivere.

Elena ha saputo realizzare i sogni del suo bisnonno, di suo nonno e di suo padre. In questa zona negli anni ’60 e ’70, l’uva aglianico veniva venduta a viticoltori e produttori di vino del Piemonte.

«Non esiste barolo senza Barile», perché Barile non intende il contenitore del vino, ma la cittadina lucana dove fino a 25 anni fa i produttori di uva usavano raccogliere la loro vendemmia e versarla nei treni merce che l’avrebbero portata in Piemonte. Anche per trasformare l’uva in vino ci vuole coraggio, qui al Sud! Ed Elena ha coraggiosamente deciso che del Titolo avrebbe investito la sua vita. Se questo non è un esempio, un ottimo esempio, dove possiamo trovare qualità uguale!

Anche perché non basta solo la severità, la preparazione, l’intelligenza e la volontà: per far bene, ci vuole il cuore.

*in viaggio con ReStartSud

Condividi:

COPYRIGHT
Il Quotidiano del Sud © - RIPRODUZIONE RISERVATA

EDICOLA DIGITALE