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Onorevole Clemente Mastella, come sta procedendo l’organizzazione del suo nuovo Partito, Popolari per il Sud, che proprio recentemente ha organizzato una convention a Potenza?
Il ricominciare è sempre una cosa che pone delle difficoltà oggettive. Ma la nostra grande passione, supportata anche dal riscatto di una dignità che è stata messa a repentaglio, ci induce a impegnarci senza risparmiarci, al di là del consenso che questo impegno comporta.

Ha fatto un po’ di autocritica, in questi anni di “esilio”? Sarà pur cosciente di essere stato troppo ballerino, troppo ago della bilancia in troppi equilibri risicati di potere.
Sa, quando si fa una battaglia in termini politici, uno può anche subire le critiche. Perdere fa parte del gioco. Ma una cosa è perdere politicamente, altra cosa è perdere, com’è capitato a me, per mano giudiziaria.

Lo schema Pdl/Pd/Lega/Terzo Polo non permette l’apertura di nuovi varchi?
Sul piano locale il duopolio non c’è da parecchio da tempo, anzi, è a livello locale che è avvenuta la scomposizione del duopolio. Finanche all’interno di uno stesso partito, a livello locale, ci sono numerose scomposizioni, tanto che ci sono componenti principali e componenti secondarie.

Lei è sempre stato un cattolico moderato, testimone dell’impegno unitario dei cattolici nelle vicende della politica. Si ritiene uno sconfitto, su questo fronte? Cosa ne è dell’unità dei cattolici in politica?
C’è questa acquiescenza della cristianità verso tutto e tutti. E’ un processo in atto da molti anni. Certo, influisce su questa disgregazione anche il presupposto conciliare, ovvero che c’è del buono un po’ ovunque, in ogni movimento politico, ma c’è una caduta incredibile di valori, e anche una crescente reticenza e acquiescenza. Ma è il segno dei tempi.

Il Sud di oggi non è il Sud di quando iniziò a fare politica lei. Malaffare, disoccupazione, inquinamento, indebitamento degli enti locali, clientelismo e antipolitica si spartiscono a sorte il territorio. La sente l’impotenza della politica, in specie quella riformista?
Negli ultimi tre anni l’alleanza di ferro della Lega Nord con il Pdl ha determinato uno strapotere della Lega sul governo. Anche in passato è capitato che partiti con lo stesso consenso della Lega avessero peso governativo, ma erano partiti con un consenso spalmato sull’intero territorio nazionale. La Lega ha invece il potere che ha essendo presente soltanto in sette o otto regioni del Centro-Nord.

E’ consapevole che se dovesse diventare sindaco di Napoli, molto probabilmente sarebbe sommerso dai problemi, e quindi sarebbe impotente e soccombente proprio come la Iervolino?
Quella di Napoli, purtroppo, è una morte annunciata, ma c’è anche una speranza che vuole essere sperimentata non solo come parola, ma come tentativo disperato di risalire. Si tratta di rimboccarsi le maniche, tutti insieme. Con un indebitamento del comune di Napoli di tre o quattro miliardi di euro, solo un’azione collettiva e sinergica potrà risultare efficace.

E’ da molti decenni che lei frequenta la nostra regione. Che le sembra politicamente, in maniera un po’ “grossier”, la Basilicata?
Credo che in Basilicata ci sia l’ostinazione propria dei territori più interni, a volte ingiustamente considerati marginali, dove però c’è un valore reale delle persone, ma dove c’è anche una gestione del potere più forte che altrove. Più la comunità è chiusa, infatti, e più il potere è arroccato. Questo spiega perché da molti anni il centrosinistra di Basilicata regga a ogni tipo di urto.

Popolari per il Sud è nel Pdl. Ha contezza del tacito accordo tra Pdl e centrosinistra lucano per mantenere immutabile e stagnante lo statu quo?
E’ quello che capita quando c’è una rassegnazione rispetto a quello che c’è di fronte. Può così capitare che all’opposizione non gliene importi nulla di crescere, di orientare le coscienze nella direzione di essere maggioranza, e che alla maggioranza convenga l’acquiescenza rispetto all’insurrezione dell’opposizione.

Lei s’è fatto un’idea su “Toghe lucane”? Un’idea politica, diciamo cosi? Si è mai chiesto da quali ambienti sia stata fatta partire, questa inchiesta? Lo sa che “Toghe lucane” nasce a Potenza e non a Catanzaro?
Una cosa è certa: De Magistris non si è mosso da solo, questo è il fatto che esploro con sempre maggiore convinzione. Ma lei si rende conto che quando io ho mandato gli ispettori a Catanzaro, almeno duecento magistrati meridionali hanno scritto una lettera terribile contro di me?

Va bene, un’altra volta glielo spiego meglio, quello che è accaduto.
No, no, voglio dire un’altra cosa ancora. Con la scusa della competenza dalle Alpi alle Piramidi, De Magistris ha creato un mostro giudiziario, perché guardi, fino a quando uno scopre cose eretiche rispetto alla legalità, che so, degli omicidi, un’immoralità finanziaria, allora va benissimo, ma se tutto questo è fatto solo per la voluttà di apparire, allora ritengo che un magistrato che fa le cose alla De Magistris non è sereno. Aggiungo che un magistrato non dovrebbe mai candidarsi nell’ambiente in cui ha operato. È un gravissimo conflitto d’interessi. Guardi, fa cose turche, De Magistris: fa il legittimo impedimento a Roma, si avvale dell’immunità parlamentare. Che personaggio!

Intanto l’antipolitica dilaga, e il voto di protesta cresce.
Quando ci sono i bronci della gente, c’è sempre chi li utilizza. A Napoli, per esempio, vedo una brutta borghesia radical-chic che prima ha succhiato alla mammella di Bassolino, e ora appoggia De Magistris.

Non le piacciono proprio, gli intellettuali borghesi napoletani.
Io non sono espressione di questa gente che parla male nei salotti. Quella a cui faccio riferimento io è una borghesia operosa, non parolaia.

Il suo segretario regionale, Sergio Lapenna, mi ha appena detto che lei non è molto loquace sulle questioni lucane che l’hanno vista protagonista. Vogliamo provare a parlarne?

Sì, certo.

E’ il marzo del 2007, e lei dichiara ad Augusto Minzolini, allora notista politica per “La Stampa”, che una famiglia mafiosa stava tentando la scalata alla Regione Basilicata. Si rende conto di aver detto una cavolata?
No, guardi, io non ho mai detto queste cose. Minzolini all’epoca era un cronista molto scaltro. Al massimo avrò detto che avevo appreso queste notizie dai giornali. Questo forse l’ho detto, non lo posso escludere.

Subito dopo la sua dichiarazione, l’attuale presidente Vito De Filippo la raggiunge a Salerno insieme ad Antonio Potenza. Subito dopo quest’incontro, accadono alcune cose: lei propone il trasferimento del Pm Felicia Genovese, Michele Cannizzaro è costretto a dimettersi dall’ospedale, mentre Antonio Potenza diventa assessore alla Sanità. Ne vogliamo parlare?
Incontrai il presidente De Filippo in alcune circostanze, ora non ricordo bene quali, ma si trattava di atti di cortesia. L’assessorato a Potenza non fu un regalo. Eravamo all’8%, avevamo forza elettorale.

Prima o poi le tornerà la memoria, ne sono certo. Comunque si sono rivelati molto leali, i suoi luogotenenti lucani dell’Udeur.

Sono scomparsi tutti, altro che leali. La cosa peggiore è stato vedere quelli che parlavano male dell’Idv finire nel partito di Di Pietro. Però le confesso che alla fine ci ho fatto il callo, a queste cose.

E Antonio Potenza?
Almeno Potenza, ogni volta che vengo in Basilicata, mi viene a salutare. Anche se a dire il vero l’altro giorno a Potenza non l’ho proprio visto. Chissà perché.

Andrea Di Consoli

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