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Nell’era Marchionne conta molto di più il presidente regionale di Confindustria che Emma Mercagaglia. Alla luce del voto di Mirafiori, Il Quotidiano della Basilicata ha intervistato Pasquale Carrano per meglio comprendere ragioni e aspettative della razza padrona lucana si nuovi modelli di organizzazione che dovrebbero cambiare lo stabilimento Fiat di Melfi.
«Non un ricatto, bensì un patto». E’ da questo presupposto che parte il
presidente della Confindustria lucana, Pasquale Carrano, nell’analisi di
quella “rivoluzione” Fiat nelle relazioni industriali a cui stiamo
assistendo negli ultimi mesi. E che presto, dopo Mirafiori, così come
annunciato dall’Ad Marchionne, riguarderà anche Melfi. Alla luce dei
nuovi scenari che si vanno configurando per il nostro territorio,
prezioso è il contributo del numero degli industriali lucano per
comprendere meglio la partita che ci attende. «Mi auguro – spiega
Carrano – che Melfi non diventi il caso nazionale, se dovessero
prevalere le strumentalizzazioni politiche». Convinto che la posta in
gioco sia non solo l’aumento della capacità di competere delle aziende
del manifatturiero, ma la crescita di tutto il territorio, il
presupposto non può che essere uno: «Remare tutti dalla stessa parte».
Presidente, il referendum di Mirafiori ha fatto discutere e ha diviso
non solo la controparte ma l’intera opinione pubblica. Marchionne ha
ragione quando dice che se vogliamo competere a livello globale è
necessario rivedere il sistema di regole all’interno delle fabbriche?
In un’Italia bloccata e con le grandi difficoltà con cui il settore
dell’auto deve fare i conti, Marchionne non ha fatto altro che lanciare
un sasso nello stagno. E’ vero, per il bene del sistema produttivo
italiano, c’è bisogno di definire un quadro di regole nuove. Per dare
una risposta a questa esigenza il manager Fiat ha utilizzato un modello
di interazione al quale il sindacato non era abituato. Una cosa è certa:
in questi giorni, nella lettura del referendum di Mirafiori, si è
abusato troppo del termine ricatto, innescando una polemica che io trovo
paradossale. Quello proposto da Marchionne è invece un patto per dare
slancio al settore manifatturiero. Una parte del sindacato, per fortuna
quella prevalente, ha compreso il senso di questa sfida, importante per
l’intero Paese, e insieme alla maggioranza dei lavoratori, ha fatto sì
che per lo stabilimento di Torino ci sia un futuro di crescita.
Il senso della proposta di Marchionne è questo: voglio investire, ma chiedo
garanzie di governabilità all’interno delle fabbriche, attraverso regole
certe. Il tutto, chiaramente, è finalizzato all’aumento della
competitività…

Il testo completo dell’intervista sul Quotidiano della Basilicata oggi in edicola

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