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SECONDO le ricerche più recenti, in Italia un milione di disoccupati ha un’età compresa fra i 24 e i 35 anni. Un Paese in perenne crisi lavorativa, ha difficoltà ad andare avanti, ma l’aura di novità che si muove attorno al nuovo Governo, è simile a quella che segue l’esecutivo regionale lucano. Da entrambi ci si aspetta molto? Certo. E lo dice anche Manuela Taratufolo, segretario generale della Cgil.

Sia Renzi che Pittella sono stati descritti come innovatori, per alcuini versi rivoluzionari. Come giudica entrambi?

«Tanto l’uno che l’altro si sono  insediati in un momento complicato per il Paese. In Basilicata e in Italia i problemi sono due: l’assenza di lavoro e la disuguaglianza dilagante. Per entrambe si attendono risposte. Non potremo giudicarli fino a che le azioni non verranno messe in campo».

C’è un Paese in difficoltà. I dati su povertà e disoccupazione descrivono una realtà drammatica.

«Abbiamo appena completato i nostri congressi ed è emerso che in Italia nel solo 2013 si sono persi  534 mila posti di lavoro e sono state autorizzate un miliardo di ore di cassa integrazione. Un segnale sintomatico del fatto che non c’è un Paese che va avanti. Gli italiani che vivono sotto la soglia di povertà in Italia sono 5 milioni, politiche anticicliche non sono state attuate, la forbice fra classi sociali si è acuita».

E Matera è lo specchio del resto d’Italia?

«Sì. Non ci rendiamo conto che c’è tanta gente in queste condizioni. Penso alle persone del progetto Copes, ma non solo. Ce ne sono tante altre che non lasciano emergere la loro condizione disagiata, o coloro che sono in ammortizzatori sociali, il cui sussidio è fortemente a rischio. Nel Materano non assistiamo ad alcun avvio di opportunità di lavoro. Stiamo gestendo la crisi, ma non creiamo occasioni di lavoro. In questo modo raccontiamo la crisi, ma non la affrontiamo».

E nel frattempo gli ammortizzatori sociali stanno per scadere

«Scontiamo ciò che accade a livello nazionale. Non c’è una riforma che faccia in modo che chi perde lavoro non riceva solo sostegno,  ma anche spiragli occupazionali. Servono politiche attive del lavoro. In caso contrario, i disoccupati vengono abbandonati a se’ stessi. Si tratta di persone che hanno 45-50 anni e per i quali la ricollocazione è necessaria.  Nella nostra provincia quelle poche somme a disposizione devono servire a progetti che siano ritorni lavorativi. L’accordo di programma è uno strumento che deve essere utilizzato realmente per la reindustrializzazione. Per la forestazione, ad esempio, bisogna fare  sul serio. Dobbiamo trasformarla in innovazione e quindi lavoro».

E l’agricoltura? E’ ancora un’opportunità?

«Ne sono convinta, così come per il turismo. Dobbiamo sfruttare potenzialità nostre, da  valorizzare secondo quello che il nostro territorio può dare. Parliamo  della popolazione che invecchia, dei centri interni che soffrono. Perchè non puntare sull’assistenza domiciliare, destinando fondi di welfare vero? Da Pittella non ci si attende rivoluzioni, poche azioni ma finalizzate a dare risposte».

La Valbasento è un tema che deve ancora essere affrontato in modo adeguato

«E’ un tema annoso. Non rinuncio al fatto che ci possano essere ancora insediamenti, ma bisogna creare condizioni per rendere quell’area attrattiva, a cominciare dalla bonifica. Oggi, però, a differenza del passato quando parliamo di reindustrializzazione dobbiamo pensare che il diritto al lavoro deve essere unito al diritto alla salute e al rispetto dell’ambiente. E’ questo lo sviluppo industriale che invochiamo».

Quanti posti di lavoro si rischiano di perdere nel 2014 a Matera?

«Non voglio essere la Cassandra di turno. Voglio essere propositiva: piuttosto che pensare ai posti persi, voglio pensare a quelli da vincere. Seppure numericamente non elevato, penso ad un ritorno di almeno 200 persone che cominciano a lavorare. E’ una cifra piccola, ma vorrei poter pensare  ad almeno 1000 persone».

Il 2015, potrebbe essere l’anno giusto?

«Se dovessimo leggere i dati di oggi, emergerebbero i problemi. Dobbiamo pensare, però, ad un futuro migliore e quindi spero che che si mettano in campo le azioni che ristabiliscano l’equità sociale, che parlino di lavoro concreto e non precario per creare occupazione sana, valorizzando strumenti come l’apprendistato e i contratti di formazione, eliminando la jungla di rapporti di lavoro che hanno reso selvaggio il mercato».

a.ciervo@luedi.it

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