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di PARIDE LEPORACE

NEL giorno del suo cinquantaduesimo compleanno Felice Belisario si concede una mise sportiva sotto il caldo potentino. Su Facebook piovono auguri da tutta la penisola. Anche nel giorno del suo genetliaco il capogruppo di Italia dei Valori a Palazzo Madama non stacca. Sempre connesso con l’Ipad, comunica e organizza strategie nazionali e regionali.
Ma ora è costretto a chiudere il telefonino che squilla in continuazione. L’incontro con il cronista non è casuale. Il senatore, fresco di nomina al Copasir (la commissione parlamentare che vigila sui servizi segreti per chi non conosce l’acronimo) su diretta richiesta di Massimo D’Alema non dimentica la Basilicata. Nella regione dove il centrosinistra non conosce sconfitta, Felice il pingue calcolatore, sente che «i lucani non si accontentano più, la politica non riesce a dar risposte».
Provoco e metto le mani avanti: “Senatore vi fanno fuori in giunta a Potenza e lei si mette a fare il Savonarola?”. Belisario non è politico da velina scritta e conosce la politica. Mi aspettava al varco e il ragionamento è bello e pronto: «Savonarola è finito male e non voglio andare sul rogo. La questione è molto seria e riguarda tutti. Anche me. Non intercettiamo il sentimento di cambiamento come avviene in altre parti del Paese. Lo sguardo della politica lucana tutta è molto corto. Poi la questione morale da noi è tutta in piedi. C’è una contiguità tra politica e affari, la stessa che ha perseguito De Magistris con le inchieste che non ha potuto terminare, che conoscono tutti e che va stroncata alla radice. Io non ho scheletri nell’armadio e posso parlare. Devo preoccuparmi delle molte minoranze attive che non hanno ascolto».
Considerata la suonata molto netta, butto sul piatto la nomina di Des Dorides e faccio presente che Idv ha espresso tre punti di vista differenti nel suo gruppo consiliare regionale e, di rimando, Belisario argomenta: «Forse nel gruppo la comunicazione non è molto concertata. Ma a ben vedere le posizioni sono legittime. Mazzeo Cicchetti è presidente dell’Ordine dei medici di Potenza. Porta il punto di vista di una categoria mortificata dalla scelta e dalle numerose bocciature ricevute. Autilio ha difeso la scelta della giunta e Benedetto ha assunto una sua posizione attendista. La scelta non è stata spiegata. Dobbiamo ancora comprendere se Des Dorides è stato nominato per curriculum o se fa parte di una filiera nazionale del Pd». Chiedo lumi sulle altre nomine che si stanno per effettuare in queste ore: «Noi siamo all’oscuro di tutto. Spero che siano designati dei supermanager come quello del San Carlo, siamo le vittime del cannibalismo bulimico del Pd. Assistiamo al banchetto perenne di un Pd ingordo e pigliatutto». Il braccio destro di Di Pietro cerca di farmi comprendere che il secondo partito del centrosinistra lucano non può consentire di essere sempre preso a ceffoni dal principale alleato.
«A Potenza subito dopo l’elezione del sindaco, il Pd ci ha scippato la presidenza del Consiglio, e ora ci mettono fuori. A Melfi hanno messo in giunta partiti senza rappresentanza. Ai socialisti hanno concesso i candidati a sindaco e noi sempre mortificati. Non si può andare avanti in questo modo».
Chiedo il motivo di questa presunta conventio ad excludentum e Belisario sornione risponde: «E’ una pregiudiziale preconcetta sulla nostra vigilanza etica. Le ripeto che io non ho scheletri nell’armadio. Altri, invece sì». Obietto che mi sembra strano che chi ha la fiducia di D’Alema a Roma, al punto di far parte del Copasir, trovi tanta ostilità in Basilicata e il capogruppo dipietrista mi gela con una battuta secca: «A Roma i rapporti sono corretti, in Basilicata con il Pd non mi mangio neanche una pizza insieme». In effetti Belisario in Lucania non se ne perde una delle molte manifestazioni indignate che si svolgono in regione. Unico parlamentare ai cancelli di Melfi, l’altro giorno era a Lavello a protestare contro l’inceneritore, sabato a Viggiano per dire non alle estrazioni. Calcolo politico o naturale adesione alla protesta? «C’è un moto popolare di gran fermento. Stiamo violentando l’ambiente. La nostra regione s’impoverisce ogni giorno di più. Anche la Fiat è in difficoltà. Ma sa che il Pd in Val d’Agri ha tentato di impedire a molti cittadini di manifestare». Questa volto obietto io e replico: «Suvvia senatore ma lei non è che vive su Marte, il suo partito ha in giunta il segretario regionale». Belisario non si scompone e afferma: «Lo so bene. Tutti dobbiamo fare autocritica. Noi dei partiti dobbiamo fare un passo indietro. Bisogna coinvolgere la gran parte della società lucana. Perché non promuovere una grande convention del centrosinistra aperta ad associazioni, categorie, sindacati, individualità. Può durare, tre, quattro giorni, una settimana. Può essere itinerante. Non possiamo essere partiti zombie. Bisogna saper guidare i processi. E non mi accusi di antipolitica perché la mia posizione è esattamente opposta. E’ la posizione di chi si propone di governare l’Italia in modo diverso». A questo punto vesto la toga dell’avvocato del diavolo e ricordo che in Basilicata il Pd ha consensi elettorali a due cifre e Belisario, che l’avvocato l’ha fatto di professione, mi replica: «Dc e Pci hanno trasmesso al Pd il controllo militare del voto in una realtà molto povera. Molte famiglie sono ricattate da un voto clientelare che alimenta un consenso guidato». Chiedo della destra e la lapidaria sentenza è che «semplicemente non esiste. Il Pd invece di avere un rapporto serrato con gli alleati, con delle briciole di potere preferisce annettersi pezzi di opposizione». A questo punto non resta che chiedere a Belisario cosa pensa del potente governatore De Filippo e, di rimando, ecco spiattellato l’inedito ritratto: «Vito è politico molto colto, dotato di grande intelligenza e buon dinamismo, ma pecca di presunzione perchè è sicuramente l’uomo più potente della Basilicata come giustamente lei l’ha definito. Ma non si accorge che non è l’uomo più stimato della nostra regione, tantomeno il più amato». Tento l’ultimo assalto al prode Felice sui suoi assensi al memorandum e mi smonta subito l’accusa: «Anche sul petrolio sono molto chiaro. Abbiamo appena presentato un emendamento sulle royalties che chiede il 50 per cento da negoziare direttamente con il territorio. Il memorandum non può essere una combine tra De Filippo e Viceconte che favorisce soltanto il profitto delle compagnie. L’utile sociale si costruisce insieme». La chiacchierata è finita. Belisario riaccende il cellulare che riprende a cinguettare ossessivo. Senatore per concludere? «Aspetto segnali. Alla luce del sole, non sotto banco. Ma lei non si dimentichi che la questione morale in Basilicata è un fatto molto serio. E la magistratura da sola non basta a risolverlo. Il compito di risolverlo spetta a noi della politica». Buon compleanno senatore. Alla prossima chiacchierata. Magari faremo un bilancio se dice sul serio o se ha saputo invece giocare una buona partita tattica per non farsi mangiare tutto dal «bulimico Pd lucano».

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