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AMMETTIAMOLO, ci piace da matti pensarci come esseri razionali che hanno tutto sotto controllo, analizzano i problemi, ne soppesano vantaggi e svantaggi, prima di scegliere la soluzione migliore. In un’epoca come la nostra, di supercomputer e informazioni sovrabbondanti poi … Oggi le neuroscienze ci dicono che si tratta per lo più di un’illusione, finanche di un pregiudizio. In ogni atto della nostra vita quotidiana facciamo un compromesso con l’incertezza. Ci giochiamo a dadi. E non c’è modo di sapere a priori se verrà fuori il numero su cui puntiamo. Di questo e tanto altro parla l’ultimo libro di Mauro Maldonato, “Quando decidiamo siamo attori consapevoli o macchine biologiche?” (Giunti 2015).

Professore, gli esperimenti degli ultimi anni sembrano dirci qualcosa di sorprendente e di controintuitivo: cioè che spesso i risultati migliori si ottengono seguendo l’istinto. Attraverso regole semplicissime, ognuno di noi riesce a prendere decisioni sensate in materia di salute, finanza e altre questioni vitali. Insomma, l’intuizione viene fortemente riabilitata.

«Nel corso dell’evoluzione, l’intuizione ci ha aiutato a risolvere enormi problemi e difficoltà. Questa forma di conoscenza, istintiva e inconsapevole, ci fa leggere rapidamente le intenzioni degli altri. Entra in gioco nelle situazioni in cui ci è difficile riflettere. Modifica i nostri ragionamenti per farli aderire ai fatti, senza chiedere aiuto alla logica. Insomma, ci tiene aperti ad altre spiegazioni possibili».

E pensare che, fin dalla più tenera età, esortiamo i bambini a fidarsi solo del ragionamento. Nel suo libro c’è in proposito una bella citazione di Albert Einstein: “La mente intuitiva è un dono sacro e la mente razionale è un fedele servo. Noi abbiamo creato una società che onora il servo e ha dimenticato il sacro”.

«Trovo questa frase bella e verissima. Noi nasciamo equipaggiati di intuito. Non è qualcosa di estraneo a noi. Non si comprende perché si ammetta solo a malincuore che la grande maggioranza delle decisioni la dobbiamo all’intuito. Non è forse in gioco l’intuizione quando diciamo: “i primi istanti di un incontro rivelano molto più di tanti discorsi”, “quel tipo non mi ispira fiducia”, “qualcosa mi dice di non rischiare” e così via? Anche se la credenza secondo cui i nostri ragionamenti sono guidati da regole formali è dura a morire, oggi sappiamo, dati sperimentali alla mano, che la gran parte delle nostre decisioni quotidiane ha a che fare con altre altre forme di razionalità».

Ci spieghi meglio.

«Vede, nel lungo viaggio dalla Rift Valley (la culla africana di homo sapiens ndr) alla Silicon Valley, (il luogo dove oggi è concentrato il più alto indice mondiale di creatività e innovazione) l’evoluzione ha dotato gli esseri umani di una serie di regole semplici e rapide da applicare in un mondo complesso. Oggi sappiamo che la razionalità non è una facoltà innata della specie umana, ma un esercizio complesso che si ottiene (e si mantiene) solo a un determinato costo psichico».

Ma se le cose stanno così, di cosa parliamo quando diciamo razionalità?

«Qualsiasi cosa s’intenda con questo oggetto misterioso che chiamiamo “razionalità” esso opera nei limiti di un ambiente psicologico e con questi limiti deve fare i conti. Per secoli, invece, si è concepito l’uomo secondo un’ideale astratto. Abbiamo visto tutte le conseguenze nel secolo che ci siamo lasciati alle spalle. Gli uomini in carne ed ossa fanno i conti con informazioni caotiche, ambigue, frammentarie, vincoli temporali e capacità di calcolo ristrette. Trascurare questi vincoli sarebbe come estromettere il Dna dalla biologia. La mente umana è molto piccola confrontata con la complessità del mondo reale».

Non bastava Freud. Ora ci si mettono anche le neuroscienze. Che fine fanno i nostri brillanti ragionamenti ipotecati da emozioni e da misteriosi congegni che saltano subito alle conclusioni?

«Non è poi così tremendo. Anzi, prenderne atto ci toglie una bel po’ d’ansia. Al di là delle battute, credo che nei prossimi anni bisognerà metter mano a una profonda revisione del concetto di mente umana. Soprattutto alla luce delle enormi conoscenze fornite dalle neuroscienze. Oggi ne sappiamo abbastanza per affermare che esiste un campo di forze più vasto dell’orizzonte in cui Sigmund Freud intravide istinti, desideri e pulsioni (in permanente conflitto con motivi etici e razionali), la cui mancata soddisfazione dà origine a nevrosi. Si tratta di un universo di forze arcaiche all’origine di azioni, automatismi, motivazioni, irriducibile al termine inconscio, come lo intende la psicoanalisi».

Già, questo libro non tratta solo della decisione.

«Comprendere la decisione e inscriverla nell’orizzonte dell’azione umana ci permette non solo di venire a capo della complessa relazione che intratteniamo con essa, ma anche di rilanciare le antiche domande sull’identità e sulle libertà umane, impedendo che vengano archiviate come polverosi residui di una civiltà in declino, destinata presto a lasciar posto a un futuro di organismi dalle sembianze umane».

Non si starà un po’ esagerando con queste storie dell’incontro tra l’uomo e il computer che genererà ibridi che impareranno dai propri stati interni, interpreteranno i dati di realtà, stabiliranno i propri obiettivi, converseranno con noi umani, soprattutto, decideranno in base a un proprio ‘sistema di valori’? Penso a quanto va dicendo da tempo Ray Kurzweil, capo della ricerca di Google.

«Sarà molto difficile rifare l’immane lavoro dell’evoluzione, chiamare ancora esperienza un’elaborazione (ancorché sofisticata) di informazioni; o, ancora, emozioni il dolore o il piacere. Ma possiamo davvero escludere che un giorno queste entità non avranno spirito di iniziativa e capacità di discernimento? Forse dovremmo sforzarci di guardare le cose da prospettive non consuete. La costruzione di organismi, ancorché dotati di una coscienza primitiva, potrebbe aiutarci a formulare le domande giuste per comprendere le cose che ancora ci sfuggono». 

Ammetterà che i rischi sono alti e gli errori largamente possibili.

«Vero! Ma mi chiedo: non sono forse esposti a rischi ed errori tutti i tentativi di conoscenza? Non sono provvisorie e congetturali tutte le nostre verità? Congetture ed errori non sono elementi accidentali della conoscenza. In ogni caso, comprendere le radici dell’azione umana è una sfida altissima. Per la scienza e per la nostra vita. Saremo migliori se capiremo che le nostre azioni sono solo in parte intenzionali e consapevoli. Magari non ne verremo mai a capo. Ma molti indizi indicano che l’avventura, appena cominciata, riserverà molte sorprese».

l.serino@luedi.it

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