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di LOREDANA VACCARO
Ricucire il passato, con piccoli e preziosi frammenti di memoria, per testimoniare quanto di straordinario fu realizzato e poi distrutto più di duecento anni fa a Campomaggiore Vecchio. Frammenti materiali della fine del ‘700 quali vasellame vario, basamenti di statue, stemmi delle casate, documenti e atti che ripercorrono le tappe che portarono la famiglia Rendina a concepire la città dell’Utopia e poi realizzarla. Questo e molto altro è  possibile visionare nella mostra storico-documentaria “Frammenti di memoria” allestita da un giovane ingegnere lucano, Giuseppe Damone, in collaborazione con l’amministrazione locale e l’associazione culturale e di promozione sociale “Teodoro Rendina”. Inaugurata il 9 agosto di quest’anno nella Sala Consiliare di Campomaggiore, aperta per l’occasione dopo il restauro, la mostra ha già riscosso un ottimo successo: più di cento i visitatori che hanno ammirato i preziosi frammenti, le teche e si sono immersi nell’atmosfera magica di ricordi che l’allestimento evoca. «La mostra con visita guidata – ci racconta l’ingegnere Damone – rientra nel biglietto dello spettacolo Città dell’Utopia. Diamo la possibilità al visitatore di scoprire più da vicino ciò che accadde nel lontano 1771 per poi meglio interpretare e capire lo spettacolo che vedrà di lì a poche ore». «La mostra- continua Damone – ha come scopo quello di riportare alla luce testimonianze materiali e cartacee per ridar vita ad una realtà urbana rivoluzionaria per l’epoca. I conti Rendina sancirono, nel lontano 1741 con un atto di Fondazione, che ogni abitante del nascente centro avesse diritto ad un lotto di 20 palmi per la costruzione di una casa. Oltre al lotto vennero riconosciuti anche 6 ettari di terreno da coltivare se bracciante e 12 tomoli se pastore, la possibilità di recuperare il materiale lapideo e il legname per la costruzione delle case nelle cave e nei boschi dei conti con l’obbligo, però, di piantare tre alberi da frutto per ogni albero reciso. I coloni, invece, dovevano impegnarsi a corrispondere dei tributi in natura ed in denaro per quanto concesso e a svolgere dei lavori gratuitamente per i conti. Dunque, a tutti gli abitanti erano garantiti gli stessi diritti e gli stessi doveri: è questa l’utopia campomaggiorese»
Nella voce del giovane Damone, mentre racconta della sua mostra allestita a costo zero,  traspare amore viscerale per Campomaggiore e per quella città utopica che ha avuto l’onore di scoprire tra i primi appena i reperti tornavano alla luce. Un amore nato nel 2011 che lo ha portato a stilare la sua tesi di laurea sull’architettura della città dell’Utopia per poi arrivare a discuterne e approfondire durante convegni in tutto il mondo come ci relaziona: «Recentemente ho parlato della ricostruzione di Campomaggiore come esempio vincente alla Biennale dello Spazio pubblico lo scorso maggio a Roma, oltre ad aver presentato i risultati della ricerca condotti sull’urbanistica della città di fondazione lo scorso luglio a Bressanone nell’ambito del convegno “Conservazione e valorizzazione dei siti archeologici”.  Lo scorso ottobre presso l’Universidad Nacional de la Plata (Argentina) nell’ambito del “IV Congreso Internacional de Expresión Gráfica en Ingeniería, Arquitectura y áreas afines, EGrafia 2012” ho portato lo studio del Palazzo Cutinelli-Rendina, mentre sul Casino della Contessa ne ho discusso a Potenza nell’ambito del convegno nazionale sui monumenti abbandonati promosso dalla Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali, in collaborazione con la Deputazione di Storia Patria nell’aprile 2012. Tutte queste relazioni sono state pubblicate negli atti dei diversi convegni nazionali ed internazionali. Ho anche scritto un breve approfondimento “Campomaggiore utopica città abbandonata” nel bimestrale “Archeologia Viva”, Anno XXXI n° 152 marzo-aprile 2012, mentre a settembre uscirà in libreria una mia monografia su Campomaggiore dal titolo: “Lettura storico critica di una ghost town. Il progetto utopico di Campomaggiore”». 
Un giovane ingegnere lucano, ora dottorando presso l’Università degli Studi di Salerno, che nonostante i natali a Vaglio e collaborazioni gratuite al comune, si ostina a portare con sé l’utopia di una città che non deve esser abbandonata soprattutto dai più giovani. E questo concetto viene ripreso anche nella parte finale della mostra dove si intravede una finestra avvolta da tende rosse, colore simbolo della frana, la cui vista dà su Campomaggiore vecchia. Accanto alla finestra una valigia di cartone, di quelle usate dai nostri emigranti nel 900. «Quest’ultimo elemento della mostra ha per me un doppio significato – ci spiega Damone – è un omaggio a tutti coloro che dopo la frana del 10 febbraio 1885, che disintegrò la città dell’utopia e la cui ricostruzione a Campomaggiore nuovo durò circa 50 anni, partirono verso l’America in cerca di fortuna. Infatti nella valigia ci sono cartoline, lettere di corrispondenza da diverse parti del mondo. Il secondo significato che è invece un messaggio che lancio ai giovani: impariamo a valorizzare la nostra terra e a non abbandonarla facendo le valige e scappando via. La storia attorno a Campomaggiore e alla città dell’Utopia è un unicum che va preservato e tutelato, in primis da noi lucani».
A riprova di quanto appena affermato da Damone i giovani di Campomaggiore sono i primi ad esser stati formati per far da guide turistiche in un paese instancabile che sta accogliendo turisti e visitatori per lo spettacolo dal 13 agosto e che lo farà fino al 18, e poi nel weekend del 24 e 25 e il 31 agosto, giorno in cui chiuderà anche la mostra storico-documentaria. Per invogliare ancor di più la gente a visitare il paese e godere di tutte le risorse,  è stata promossa una lotteria con i biglietti dello spettacolo della Città dell’Utopia. I primi sorteggiati godranno, infatti, di un soggiorno gratis nel paese, o potranno usufruire di sconti presso agriturismi della zona. Storia di un’amministrazione che ha accolto e ascoltato senza remore le idee di giovani lucani, come l’ingegnere Damone, e di abitanti e associazioni che volontariamente partecipano a riportare in vita , giorno dopo giorno, una realtà affascinante e perfetta come quella della Città dell’Utopia che gli è propria e che deve esser testimoniata.
 
 

Ricucire il passato, con piccoli e preziosi frammenti di memoria, per testimoniare quanto di straordinario fu realizzato e poi distrutto più di duecento anni fa a Campomaggiore Vecchio. Frammenti materiali della fine del ‘700 quali vasellame vario, basamenti di statue, stemmi delle casate, documenti e atti che ripercorrono le tappe che portarono la famiglia Rendina a concepire la città dell’Utopia e poi realizzarla. 

Questo e molto altro è  possibile visionare nella mostra storico-documentaria “Frammenti di memoria” allestita da un giovane ingegnere lucano, Giuseppe Damone, in collaborazione con l’amministrazione locale e l’associazione culturale e di promozione sociale “Teodoro Rendina”. Inaugurata il 9 agosto di quest’anno nella Sala Consiliare di Campomaggiore, aperta per l’occasione dopo il restauro, la mostra ha già riscosso un ottimo successo: più di cento i visitatori che hanno ammirato i preziosi frammenti, le teche e si sono immersi nell’atmosfera magica di ricordi che l’allestimento evoca.

 «La mostra con visita guidata – ci racconta l’ingegnere Damone – rientra nel biglietto dello spettacolo Città dell’Utopia. Diamo la possibilità al visitatore di scoprire più da vicino ciò che accadde nel lontano 1771 per poi meglio interpretare e capire lo spettacolo che vedrà di lì a poche ore». 

«La mostra- continua Damone – ha come scopo quello di riportare alla luce testimonianze materiali e cartacee per ridar vita ad una realtà urbana rivoluzionaria per l’epoca. I conti Rendina sancirono, nel lontano 1741 con un atto di Fondazione, che ogni abitante del nascente centro avesse diritto ad un lotto di 20 palmi per la costruzione di una casa. Oltre al lotto vennero riconosciuti anche 6 ettari di terreno da coltivare se bracciante e 12 tomoli se pastore, la possibilità di recuperare il materiale lapideo e il legname per la costruzione delle case nelle cave e nei boschi dei conti con l’obbligo, però, di piantare tre alberi da frutto per ogni albero reciso. I coloni, invece, dovevano impegnarsi a corrispondere dei tributi in natura ed in denaro per quanto concesso e a svolgere dei lavori gratuitamente per i conti. Dunque, a tutti gli abitanti erano garantiti gli stessi diritti e gli stessi doveri: è questa l’utopia campomaggiorese»

Nella voce del giovane Damone, mentre racconta della sua mostra allestita a costo zero,  traspare amore viscerale per Campomaggiore e per quella città utopica che ha avuto l’onore di scoprire tra i primi appena i reperti tornavano alla luce. Un amore nato nel 2011 che lo ha portato a stilare la sua tesi di laurea sull’architettura della città dell’Utopia per poi arrivare a discuterne e approfondire durante convegni in tutto il mondo come ci relaziona: «Recentemente ho parlato della ricostruzione di Campomaggiore come esempio vincente alla Biennale dello Spazio pubblico lo scorso maggio a Roma, oltre ad aver presentato i risultati della ricerca condotti sull’urbanistica della città di fondazione lo scorso luglio a Bressanone nell’ambito del convegno “Conservazione e valorizzazione dei siti archeologici”.  

Lo scorso ottobre presso l’Universidad Nacional de la Plata (Argentina) nell’ambito del “IV Congreso Internacional de Expresión Gráfica en Ingeniería, Arquitectura y áreas afines, EGrafia 2012” ho portato lo studio del Palazzo Cutinelli-Rendina, mentre sul Casino della Contessa ne ho discusso a Potenza nell’ambito del convegno nazionale sui monumenti abbandonati promosso dalla Società Italiana per la Protezione dei Beni Culturali, in collaborazione con la Deputazione di Storia Patria nell’aprile 2012. Tutte queste relazioni sono state pubblicate negli atti dei diversi convegni nazionali ed internazionali. Ho anche scritto un breve approfondimento “Campomaggiore utopica città abbandonata” nel bimestrale “Archeologia Viva”, Anno XXXI n° 152 marzo-aprile 2012, mentre a settembre uscirà in libreria una mia monografia su Campomaggiore dal titolo: “Lettura storico critica di una ghost town. Il progetto utopico di Campomaggiore”». 

Un giovane ingegnere lucano, ora dottorando presso l’Università degli Studi di Salerno, che nonostante i natali a Vaglio e collaborazioni gratuite al comune, si ostina a portare con sé l’utopia di una città che non deve esser abbandonata soprattutto dai più giovani. E questo concetto viene ripreso anche nella parte finale della mostra dove si intravede una finestra avvolta da tende rosse, colore simbolo della frana, la cui vista dà su Campomaggiore vecchia. Accanto alla finestra una valigia di cartone, di quelle usate dai nostri emigranti nel 900. 

«Quest’ultimo elemento della mostra ha per me un doppio significato – ci spiega Damone – è un omaggio a tutti coloro che dopo la frana del 10 febbraio 1885, che disintegrò la città dell’utopia e la cui ricostruzione a Campomaggiore nuovo durò circa 50 anni, partirono verso l’America in cerca di fortuna. Infatti nella valigia ci sono cartoline, lettere di corrispondenza da diverse parti del mondo. Il secondo significato che è invece un messaggio che lancio ai giovani: impariamo a valorizzare la nostra terra e a non abbandonarla facendo le valige e scappando via. La storia attorno a Campomaggiore e alla città dell’Utopia è un unicum che va preservato e tutelato, in primis da noi lucani».

A riprova di quanto appena affermato da Damone i giovani di Campomaggiore sono i primi ad esser stati formati per far da guide turistiche in un paese instancabile che sta accogliendo turisti e visitatori per lo spettacolo dal 13 agosto e che lo farà fino al 18, e poi nel weekend del 24 e 25 e il 31 agosto, giorno in cui chiuderà anche la mostra storico-documentaria.

 Per invogliare ancor di più la gente a visitare il paese e godere di tutte le risorse,  è stata promossa una lotteria con i biglietti dello spettacolo della Città dell’Utopia. I primi sorteggiati godranno, infatti, di un soggiorno gratis nel paese, o potranno usufruire di sconti presso agriturismi della zona. 

Storia di un’amministrazione che ha accolto e ascoltato senza remore le idee di giovani lucani, come l’ingegnere Damone, e di abitanti e associazioni che volontariamente partecipano a riportare in vita , giorno dopo giorno, una realtà affascinante e perfetta come quella della Città dell’Utopia che gli è propria e che deve esser testimoniata.

 
 

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