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POTENZA – Partiamo dal fatto di cronaca, dall’appendice ad una giornata già difficile. Ieri mattina i lavoratori in mobilità si sono ripresentati a via Verrastro e hanno ricevuto l’ennesima tegola sulla testa. L’assessore Liberali non è riuscito a spuntarla a Roma, l’Inps non transige e non accetterà l’anticipo di 10 milioni di euro per coprire i 5 stipendi arretrati di circa duemila lavoratori. Questo significa che bisognerà rifare tutto dall’inizio, ovvero fare in modo che la Regione copra interamente questi cosi. Cosa che si potrà cominciare a pensare, però, da aprile, ovvero quando cesserà l’esercizio provvisorio di bilancio regionale. Ma ad una prima stima la cosa è piuttosto amara: serviranno almeno 6 milioni di euro per coprire ciò che lo Stato non può, o non vuole, più fare. La manifestazione è stata pacifica, ma a qualcuno sembra non sia piaciuto questo ennesimo blocco. A metà mattinata infatti un uomo, G. N. di 35 anni, completamente estraneo alla manifestazione (peraltro autorizzata), ha cercato di forzare il blocco dei manifestanti. È rimasto in auto cercando in tutti i modi oltrepassare il blocco. Poi, quando un uomo si è avvicinato al finestrino ha tirato fuori un coltello. Peccato che quell’uomo in borghese fosse un agente della Digos che si è subito identificato. A quel punto il 35enne ha messo a posto il coltello e ha tentato la retromarcia, ma è stato bloccato dagli agenti, tra gli sguardi impauriti e sorpresi dei manifestanti, che lo hanno ammanettato e portato via. È stato denunciato a piede libero. Ed eccoli i due volti della lucania di oggi: da una parte i lavoratori, i socialmente utili, i precari, i giovani senza speranze e dall’altra chi non riesce neanche a sopportare che si manifesti per pretendere che si tenga conto di un diritto acquisito.

A via Verrastro tra le bandiere della Cgil c’era chi chiedeva il pagamento di cinque mensilità di ammortizzatori in deroga. Sono tutti figli della fallimentare politica industriale lucana che li ha lasciati per strada. Attendono un contributo che molto spesso non supera le 400 euro, salvo chi per esempio è riuscito a strappare un contratto a tempo determinato che gli è costato anche gli ammortizzatori sociali ed ora è costretto a restituire tutto. La Regione aveva proposto di anticipare 10mila euro per le mensilità 2013 mancanti, l’Inps ha detto che non era possibile incassarli, la Regione ha provato a forzare la mano a Roma ma non ha ottenuto praticamente nulla. Per il ministero del Lavoro e l’Inps una regione che si permette di anticipare milioni per coprire i costi degli ammortizzatori sociali potrebbe costituire un pericoloso precedente. D’altra parte non siamo l’unica regione ad avere di questi problemi e, se proprio vogliamo dirla tutta, non spetterebbe neanche alla Regione farsi carico di tutto. Ma il sistema è in crisi e la politica è l’unico interlocutore. Eppure non è a via Verrastro che si dovrebbe manifestare, ma davanti il palazzo di Confindustria. Bisognerebbe chiedere conto a tutti gli imprenditori che nel corso di decenni hanno preferito forme di precariato estremo e senza futuro, piuttosto che alla “salute” dei lavoratori.

E poi ci sono i precari Po Fesr, Alsia e forestali, oltre agli Lsu della scuola. D’altronde le proposte dei sindacati, più volte riportate a Pittella arrivano solo ad alcune conclusioni: stabilizzazioni totali, assunzioni, un piano del lavoro. E i soldi per gestire tutte queste emergenze insieme sono pochissimi. Oltretutto per effetto della legge Fornero dal 2015 dai registri dei beneficiari degli ammortizzatori sociali verranno cancellati tutti gli “storici”, compreso chi manifestava ieri e né la Regione, né tantomeno lo Stato riusciranno a tenere le casse aperte per troppo tempo. E potrebbe essere un vero disastro, perché, come ha detto ieri mattina Carmine Vaccaro della Uil questi lavoratori sono «troppo giovani per andare in pensione e troppo vecchi per trovare un lavoro». La stagione del welfare è bella e finita, purtroppo.

v.panettieri@luedi.it

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