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LA SIGNORA con la gonna a fiori trascina stancamente il carrello rosso della spesa. Forse non sa di essere anche lei un’abitante culturale, di appartenere alla community che la sta traghettando, el tempo, fino al 2019. Per ora il suo unico problema è il caldo afoso del lunedì mattina. Matera si sveglia così a 24 ore dal tour de force gossipparo fra concertoni e vernissage.

Il sindaco Salvatore Adduce ha detto, aprendo la mostra dedicata a Pier Paolo Pasolini: «Accendiamo i riflettori sulla città». Quella città, però, sta affrontando un  cataclisma culturale che sembra proprio volerla “costringere” ad abbandonare lo struscio   della domenica in piazza con il vassoio delle paste in bilico tra le mani, per far posto ai musei, alle biblioteche, alle piazzette in cui parlare di cultura.

E’ un cambiamento che passa, innanzitutto, dalla mentalità, dalle abitudini  che si sviluppano in ogni casa della città e dunque un po’ difficile da scardinare.

La domenica azzimata dei materani, da ieri, sembra aver mutato connotati. Secondo il Comitato Matera 2019, non dovrebbe essere un’eccezione, ma una consuetudine alla quale gli abitanti culturali devono abituarsi. E per passare dal vicinato, dal parentado che alla fine unisce tutte le famiglie  materane, ci vorrà tempo e pazienza.

I cittadini, per ora ignari della loro mutata condizione, la vivono ancora con distacco e stupore e si chiedono ancora la ragione per la quale qualcuno (che non sia un clochard) mette in terra in piazza un materasso e annuncia il “pisolino libero”  o porta per strada, su un carro, una enorme forma di pane di Matera e lo offre, ancora caldo ai passanti.   Le porte del museo sono aperte sempre più spesso e a volte anche fino a sera per  far entrare tutti  nelle sale che una ospitavano la scuola e oggi mostrano quadri e  sculture. Una parte della città che nessuno, fino a qualche anno fa conosceva e che Marta Ragozzino ha sdoganato, ignorando chi ha storto il naso o commentato polemicamente. Il risultato è che oggi Matera deve fare  un salto nel buio,  trovando l’equilibrio ideale fra la contemporaneità e il futuro, fra la normalità e l’eccezionalità cui la sua straordinaria storia l’ha “condannata”. L’esterofilia linguistica non serve a niente, la tecnologia deve essere solo uno strumento, perchè la semplicità vince sempre e l’abitante culturale va scovato, rintracciato, convinto andandoci a parlare nel cortile di casa, davanti al negozio di fiducia, per strada.  La vera scommessa, in fondo,  è proprio questa.

a.ciervo@luedi.it

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