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“Conoscerete la verità e la verità vi farà liberi”. Comincia con la citazione tratta dal Vangelo di Giovanni, la lettera che l’Ufficio comunicazioni sociali dell’arcidiocesi di Potenza-Muro Lucano-Marsiconuovo, ha spedito nella giornata di ieri al presbiterio locale. Al centro di questo documento – più che un dossier è una rassegna stampa di articoli usciti sui quotidiani regionali e nazionali con qualche commento – la nota vicenda Claps. Non è un atto di accusa contro nessuno. Questo è giusto ribadirlo ma «ci è sembrato  – è scritto nella lettera – che fosse giunto il “tempo favorevole” quantomeno per riflettere su quanto sta succedendo nella nostra diocesi».

Un invito a prendere coscienza sugli ultimi eventi che hanno investito in particolar modo l’arcivescovo Agostino Superbo, senza puntare il dito contro nessuno. «Lungi da questo ufficio giudicare il lavoro giornalistico e della magistratura – è scritto  nella lettera – è doveroso portare alla vostra conoscenza tutta una serie di fatti certi, dimostrati e scritti sui media che, speriamo, possano dipanare dubbi, incertezze e perplessità che la tragedia della morte della povera Elisa Claps ha portato prima di tutto nella sua famiglia (a cui deve andare la nostra preghiera) e poi in tutta la Chiesa potentina con il suo carico di accuse e polemiche». Perchè adesso e non prima? L’arcivescovo – riprende la nota – da una parte «non è voluto mai scendere in polemica con nessuno. Su questo ha voluto mantenere un profilo basso incontrando chiunque avesse chiesto di parlare riferendo tutto ciò di cui era a conoscenza» dall’altra “doveva essere sentito dalla magistratura nell’ambito del processo». La rassegna stampa inizia con un articolo uscito proprio su “Il Quotidiano” il 17 giugno scorso, giorno della sua testimonianza nell’ambito del processo alla donne delle pulizie, in cui è scritto ciò che  Superbo ha sempre sostenuto e cioè che è venuto a conoscenza del ritrovamento di un cadavere all’interno della Chiesa della Santissima Trinità la mattina del 17 marzo 2010 (la certezza che si trattasse di Elisa l’ha saputa nel pomeriggio dello stesso giorno come ha avuto modo di spiegare durante il suo esame testimoniale) e che ha saputo da don Wagno che era salito nel sottotetto solamente due giorni dopo e cioè il 19 marzo. Circostanze non tenute nascoste, ma segnalate immediatamente agli investigatori già il 20 marzo 2010. La cosiddetta inchiesta bis che vuole far luce sul ritrovamento, parte infatti, proprio dalla segnalazione dell’arcivescovo che ha prima invitato don Wagno ad andare a raccontare tutto alla polizia per poi recarsi lui stesso in questura e nel medesimo giorno  a dire ciò di cui era a conoscenza. Il primo giornale a pubblicare il verbale di Superbo del 20 marzo integralmente è stato “Il Quotidiano”. Questo documento, riportato nella rassegna stampa dell’Ufficio comunicazioni sociali, è datato il 15 settembre 2011. Quasi tre anni fa. Come a dire che le parole dell’arcivescovo sono sempre state sotto gli occhi di tutti.

La rassegna stampa si sofferma anche su alcuni sopralluoghi che gli inquirenti fecero all’interno della Trinità nel 2001 (ne parla un articolo di Repubblica del 28 marzo 2010) e del 9 novembre 2007 (sono riportati due articoli uno della “Gazzetta” e uno de “Il Quotidiano”). Non è un jaccuse nei confronti di chi investigò allora e non andò a ispezionare anche il sottotetto, piuttosto è la testimonianza che nessuno, tantomeno il parroco di allora don Mimì Sabia, ha mai vietato agli inquirenti di ispezionare la chiesa.

Il documento dell’Ufficio comunicazioni sociali si sofferma anche su quelle parole  dette da Superbo che sono entrate nell’occhio del ciclone suscitando una scia di polemiche. Dal caso “cranio e ucraino”, all’incontro che ha tenuto con i sacerdoti a Satriano il giorno del  rinvenimento del corpo. Anche su questi fatti ritenuti da una parte dell’opinione pubblica “imbarazzanti”, l’Ufficio chiarisce la posizione dell’arcivescovo. Sul primo episodio si tratta di un dialogo avuto con don Don Wagno il giorno dopo il ritrovamento e cioè il 18 marzo (circostanza messa nero su bianco nel verbale del 20 marzo), su Satriano (nell’ambito della sua testimonianza è stato messo in dubbio che ci sia stato un incontro nel paese del Melandro visto che i tabulati delle celle telefoniche di Superbo in possesso del pm agganciavano solo Potenza e Tito n.d.r.) la questione è stata chiarita il 17 giugno, nell’ambito del processo, dall’avvocato delle donne delle pulizie – che invece era in possesso anche dei tabulati integrali – la quale porta a conoscenza della corte che il cellulare dell’arcivescovo ha agganciato anche la cella di Satriano.

Altra questione affrontata nel documento, è la denuncia presentata da parte della famiglia nei confronti di Superbo. Non una notizia nuova. Anzi è piuttosto datata ma sarebbe ancora pendente. Ne parlò nell’agosto del 2012 il settimanale “Panorama”. I Claps accusavano l’arcivescovo – è scritto nell’articolo – di false dichiarazioni al pm, occultamento di cadavere chiedendo per questo anche un risarcimento danni. Risarcimento danni richiesto dai legali una prima volta nell’ambito del processo Restivo ma rigettato da gup, una seconda volta tramite una lettera del marzo 2012 in cui si invitava Superbo a “risolvere bonariamente la vertenza” per il “danno ingiusto risarcibile” “prodotto alla famiglia Claps”. La richiesta ritenuta  dall’ufficio legale dell’arcidiocesi «frutto di un evidente travisamento degli atti» è stata rimandata al mittente.

Il documento si conclude con ciò che ha dichiarato Gildo Claps nell’ambito della sua testimonianza sempre del 17 giugno e cioè che: «La Chiesa – sono le parole usate durante l’udienza e riportate dai media – ha seppellito mia sorella sotto le menzogne» e su quello che ha sempre detto l’arcivescovo fin dal suo primo verbale datato 20 marzo 2010. Quella che per l’Ufficio comunicazioni sociali, riprendendo le parole dell’Arcivescovo sempre del 17 giugno scorso è «la sola e unica verità».

a.giammaria@luedi.it

 

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