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REGGIO CALABRIA – «Il contrasto alle mafie non è una priorità dello Stato italiano». Una condanna che pare senza appello quella che il sostituto procuratore di Reggio Calabria, Giuseppe Lombardo, ha emesso intervenendo ad un convegno a Santena, in provincia di Torino, sul tema «15 anni di ‘ndrangheta in Piemonte e non solo. Le ramificazioni della mafia calabrese a livello globale».

Per Lombardo, infatti, «uno Stato che ha questa priorità non interviene come è intervenuto il nostro legislatore o l’apparato governativo: limitando uomini, mezzi e risorse. Cercando, in qualche modo, di creare una serie di difficoltà operative, non ascoltando tutta una serie di indicazioni. Mantenendo un profilo basso in un’azione di contrasto che, invece, richiede grande autorevolezza».

Rimarcato questo, poi, il magistrato ha spiegato che «le grandi mafie si muovono in maniera coordinata tra loro e sono componenti indispensabili del sistema economico mondiale. Chi oggi si permette di criticare le indagini che riguardano il narcotraffico, di cui la ‘ndrangheta diventa sostanzialmente il soggetto unico, non si rende conto dell’enorme liquidità che ne deriva, tale da essere in grado di condizionare il sistema bancario e finanziario mondiale. Se siamo tutti consapevoli che per uscire dalla crisi è necessario che l’economia riparta, siamo anche consapevoli che contrastare finanziariamente le mafie significa impedire che l’economia riparta. Per capire come stanno le cose occorre cercare le tracce del sistema criminale necessariamente integrato, di cui ‘ndrangheta, cosa nostra, sacra corona unita e camorra fanno parte. Certo tra queste realtà criminali possono anche crearsi conflitti, che poi però regolarmente si risolvono nel momento in cui l’interesse comune diventa di rango più elevato».

Scagliandosi poi con «parla di fenomeni criminali, senza sapere assolutamente nulla» accusando queste persone di alimentare«tutto un sistema di informazione che serve a sviare le conoscenze», Lombardo ha anche ricordato che «quando un giorno vi verranno a dire che purtroppo in Italia ci sono una serie di magistrati che inseguono ricostruzioni fantasiose, state certi che di me stanno parlando. E pure di qualcun altro. Ma vi dico che quelle ricostruzioni fantasiose hanno già prodotto centinaia di sentenze di condanna. Quindi sono fantasioso io, il gip, i tre giudici del tribunale o la Corte d’assise, i giudici d’appello o della Corte di assise di appello e sono stati fantasiosi anche i giudici che notoriamente fantasiosi non sono, quelli della Corte di Cassazione. Solo che quel lavoro non è mai stato letto da nessuno». 

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