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UNA fitta rete di «pericolosi narcotrafficanti internazionali in grado di movimentare grossi quantitativi di marijuana dall’Albania verso l’Italia, avvalendosi di vettori marittimi dell’organizzazione, nonché di cocaina ed eroina, mediante l’impiego di automezzi modificati nella struttura al fine di ricavarne appositi vani funzionali all’occultamento». Lanciati sulla Ss106.
E’ quella emersa dall’operazione Gentlemen che a febbraio ha portato al fermo di una trentina di persone tra la Calabria e la Basilicata, condotta dai finanzieri della sezione Goa del Gico di Catanzaro, del Goa di Brescia, della Compagnia di Policoro e dello Scico. A coordinare le indagini sono stati il procuratore della Dda di Catanzaro Vincenzo Antonio Lombardo, gli aggiunti Giovanni Bombardieri e Vincenzo Luberto, e il pm Domenico Guarascio, in collegamento col procuratore aggiunto di Brescia Sandro Raimondi, e col pm di Matera Alessandra Susca.
Nel corso dell’inchiesta sono state sequestrate più tre tonnellate di stupefacente, tra cocaina, eroina e marijuana, per un valore sul mercato di 45 milioni di euro. In più sono state rinvenute numerose armi: 10 Kalashnikov, 2 mitragliette Scorpion e 5 pistole semiautomatiche. Destinate al “gancio” del gruppo nel porto di Gioia Tauro, dove da anni si consuma una faida sanguinosa tra famiglie un tempo vicine al potente clan dei Piromalli. .
Secondo l’accusa, l’organizzazione aveva messo in piedi un traffico di droga transnazionale, degno dei narcotrafficanti sudamericani. Ed è in effetti in Paraguay che nel 2013 il clan era riuscito ad acquistare 130 chili di cocaina che sarebbero dovuto arrivare nel porto di Gioia Tauro. Mentre normalmente i rapporti erano tenuti con i trafficanti albanesi e i trasporti di stupefacente avvenivano grazie a una piccola flotta di pescherecci messi a disposizione da imprenditori della marineria di Schiavonea.
L’attività delle fiamme gialle ha delineato l’attività del “locale” di Corigliano e della cosca degli zingari di Cassano, compagini ritenute dagli investigatori storicamente dotate di autonomia ed accertata operatività criminale nell’ambito del traffico internazionale di stupefacenti. Nel corso degli anni, inoltre, «gli zingari» si sarebbero emancipati da una situazione di dipendenza che li relegava ai margini delle associazioni ‘ndranghetistiche sino ad assurgere alla posizione di un locale di ‘ndrangheta.
Al vertice dell’organizzazione ci sarebbero stati il policorese Filippo Solimando, da tempo trapiantato in Calabria e Luigi Abbruzzese, venticinquenne di Cassano Jonio, figlio ed erede dell’impero criminale del boss Franco “Dentuzzo” Abbruzzese.
Oltre a Filippo Solimando avrebbero fatto parte dell’organizzazione anche il fratello Giacomo e Giovambattista Serio, entrambi di Policoro, e Gerardo Schettino di Scanzano. Oltre a Giuseppe Todaro, autotrasportatore di Policoro, arrestato nel 2013 con 1.340 chili di marijuana nascosti sotto un carico di arance.
Di recente secondo l’antimafia Solimando aveva trasferito la sua «base operativa» a Policoro. Grazie proprio all’appoggio del fratello e del suo «alter ego» Serio.

l.amato@luedi.it

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