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POTENZA – Prima di Davide Pascale, colpito sotto casa da una fucilata che per poco non lo uccideva, era toccato alle auto di uno dei suoi presunti pusher, Daniele Cosma, e del suo “socio” Domenico Viti. Ancora spari nella notte di Policoro, e sempre per questioni di droga. Come quelle per cui lo stesso Viti sarebbe stato già sequestrato e picchiato a sangue dal suo “ex fornitore”.

Sono accusati a vario titolo di traffico di stupefacenti, spaccio, armi, lesioni, minacce, danneggiamento e sequestro di persona i 22 imputati nel processo che si è appena aperto a Potenza sull’ennesima banda di pusher del policorese.

A capo di tutto ci sarebbe stato Francesco Cuppone, 31enne già scoperto nel 2010 con 2 chili di marijuana nascosti nel sottotetto della palazzina dove viveva.

Per anni Cuppone avrebbe monopolizzato il mercato delle droghe leggere in zona con Rocco Nucera (25) e Simone Lacopeta (24), che avevano «il compito di acquistare la sostanza stupefacente a Roma e di provvedere al successivo trasporto a Policoro, dove la droga acquistata veniva materialmente consegnata a Miriam Moraniello (35), compagna convivente di Cuppone, Claudio Mitidieri (33) e Ayoub Driouch (35)».

Le indagini condotte dai carabinieri della compagnia di Policoro risalgono al 2011 e sono state coordinate dal procuratore aggiunto di Potenza Francesco Basentini, che aveva chiesto l’arresto di molti degli indagati. Ma il gip del capoluogo lucano non ha ravvisato l’esistenza di esigenze cautelari. Di qui l’avvio del processo con gli imputati ancora in gran parte a piede libero.

Tra i capi d’accusa a carico di Cuppone, Nucera e Antonio Battafarano (23) c’è anche quello di aver detenuto illegalmente «un arma da caccia con cui esplodevano alcuni colpi» bersagliando le auto di Domenico Viti (29) e Daniele Cosma (24), entrambi accusati per alcuni episodi di spaccio in concorso.

Il Quotidiano aveva già incontrato il nome di Cosma (arrestato anche a dicembre dell’anno scorso dopo essere stato scoperto con un etto di marijuana in casa) appena qualche settimana fa.

Tra gli atti dell’ultima indagine della Guardia di finanza sugli “spacciatori del lido” era venuta fuori un’intercettazione con la sua voce del 9 ottobre del 2012, una settimana dopo il tentato omicidio del 38enne Pascale, sposato con un ex consigliere comunale della cittadina ionica.

Chi sia stato a sparare all’imprenditore, perforandogli la milza e il fegato, e maciullandogli un gluteo, non risulta individuato. Ma colpisce che l’arma utilizzata sia compatibile con quella che avrebbe danneggiato le auto di Cosma e Viti nella notte tra l’8 e il 9 febbraio del 2011. Come che in entrambi i casi sullo sfondo ci sarebbe la droga, e che Pascale abbia confidato il suo sospetto sugli autori dell’agguato proprio al giovane Cosma, «rimproverandolo per il ritardo nel pagamento di forniture».

«Dipende sempre dalle stesse situazioni, cioé quello è il problema. Cioè quando io prego, che pressavo le persone…» Queste le parole di Pascale all’amico, che mesi prima aveva visto la sua auto bersagliata di colpi.

In parole povere bisognava «recuperare il denaro delle cessioni di stupefacenti a credito», e restituirlo a chi di dovere. Altrimenti c’era da aspettarsi il peggio. Tanto che Cosma, intercettato a sua volta qualche giorno dopo la telefonata con Pascale, avrebbe chiamato un familiare per chiedergli i soldi necessari a chiudere il conto.

«In quel giro ci sono voluto entrare io e adesso ne sono voluto uscire». Spiega il 24enne nei nastri registrati dalle fiamme gialle. «Per questo sono qua, non sto vedendo quelle persone, però ci avevo questo fatto le dovevo vedere e già che mi ha chiamato mi dà fastidio e mi ha scritto anche i messaggi, mi dà fastidio (…) è roba di questa estate… io stesso l’ho fatto per spacciare… quello mi aveva detto 3-400 euro e io ti chiesto 400 per non prendermi i 100… perché mi aveva detto stesso lui… gli altri me li puoi dare anche a Natale… perché sapeva che me ne dovevo andare…»

Anche Domenico Viti aveva già saggiato di che pasta era fatto Cuppone, a dicembre del 2009, quando era andato a trovarlo a casa e sarebbe stato costretto «a restare per 3 ore all’interno dell’appartamento». Scrive il pm nel capo d’imputazione. Quindi percosso «con un bastone», e minacciato «con un coltello da cucina e una pistola». Solo perché «aveva smesso di acquistare stupefacente» da lui.

Di più il giorno dopo gli spari sulla sua auto, Viti sarebbe stato aggredito da uno dei sodali di Cuppone, Rocco Nucera. Prima bloccato «minacciosamente» con l’auto, e poi picchiato «con pugni e schiaffi colpendolo al volto e al collo». Risultato: «trauma contusivo cranio-facciale non commotivo e trauma distrattivo del rachide cervicale». Giudicati guaribili in 15 giorni.

Chi, invece, se la sarebbe cavata soltanto con una minaccia è Francesco Gentile (25), accusato di alcuni episodi di spaccio sempre con Cosma e Viti, più i coetanei Luca Zuccarella e Fabio Suriano.

«Ciascuno – secondo l’accusa – deteneva illegalmente quantitativi non precisati di stupefacente che secondo le necessità, ognuno di essi metteva a disposizione dell’altro».

Ma Cuppone non avrebbe gradito e nei nastri dei carabinieri è finita una telefonata tra lui e Gentile in cui non gliele manda a dire: «Non passare sotto casa mia, figlio di puttana, altrimenti ti taglio la faccia».

L’udienza è stata rinviata all’8 ottobre per le questioni preliminari.

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