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MATERA – Potrebbe finire al Csm il “derby” tra procure sugli attentati nel metapontino.

Lo ha detto in maniera chiara ieri mattina il presidente della Commissione bicamerale antimafia Rosy Bindi rispondendo a una domanda in proposito del Quotidiano a margine delle audizioni in prefettura a Matera.

«Non abbiamo interlocuzioni dirette con il Consiglio superiore della magistratura anche se possiamo informare delle situazioni che constatiamo. La nostra parte la possiamo fare (…) Comunicazioni dirette non ce ne sono, ma una chiacchierata con il vicepresidente potremmo anche farla una volta».  

In altri termini se ne riparlerà gioco fornza in “campo neutro”, dopo che il procuratore capo di Matera Celestina Gravina non si è presentata all’appuntamento “in casa” per la sua audizione, adducendo pregressi impegni. O meglio ha mandato al suo posto un sostituto che però non avrebbe fornito tutte le informazioni richieste.

«Il procuratore di Matera – ha spiegato ancora la Bindi – dovremo risentirlo e ci farà il piacere questa volta di venire lui a Roma dato che non è stato possibile incontrarlo qui oggi».

Così sempre al Quotidiano che le ha chiesto quando e dove si sarebbero aggiornati i lavori della Commissione.

In più ha aggiunto che sul punto dovrebbe partire un’interlocuzione con la Procura nazionale antimafia, che proprio nelle ultime relazioni annuali alla Corte di Cassazione aveva evidenziato il problema di comunicazione tra i pm materani e quelli della direzione distrettuale di Potenza, sollecitando la visita dei parlamentari in Basilicata.

Nella città dei Sassi, in particolare, era dai primi anni ‘90 che la Commissione antimafia non metteva piede, quando a Montescaglioso si contavano a decine gli attentati dinamitardi contro le attività commerciali e i clan aprivano una faida che avrebbe lasciato sul terreno oltre diversi morti.

La presidente Bindi ha stigmatizzato il fatto che per quegli omicidi, a distanza di 24 anni, sia ancora in corso un processo di primo grado, come evidenziato anche durante le audizioni. «Non ci fa una buona impressione». Poi ha spiegato l’approccio della Commissione al tema delle infiltrazioni della malavita organizzata in Basilicata, una regione a cui va riconosciuta una peculiarità positiva nel quadro del mezzogiorno italiano. Motivo per cui «il primo pericolo potrebbe essere proprio la sottovalutazione di alcuni segnali».

«Serve un approccio sistemico che metta assieme tutti i fatti accaduti nel metapontino, che è una zona molto appetibile per le mafie».  Ha evidenziato la deputata dem, descrivendo un territorio di transito da e per le regioni vicine, ma coinvolto direttamente anche in fenomeni come il traffico di stupefacenti e l’usura. 

«Serve capire che la mafia potrebbe aver saltato una stagione e avere la capacità di penetrare nell’economia». In più tra i «dati poco rassicuranti» andrebbero inseriti: lo scarso numero o l’assenza completa di denunce nel Metapontino, che fa pensare a un condizionamento omertoso delle vittime; e la recente liberazione di alcuni detenuti condannati per associazione per delinquere di tipo mafioso.

In mattinata la Commissione aveva ascoltato i rappresentanti delle forze dell’ordine, il prefetto, rappresentanti delle organizzazioni agricole e del distretto agroalimentare e di «Libera» e il pm della Dda di Potenza Laura Triassi.  

l.amato@luedi.it

 

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