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Gli è stata assegnata la scorta per aver raccontato le infiltrazioni e i traffici illegali della mafia al nord. Giovanni Tizian, 29 anni, è un cronista “precario” di origini calabresi, che dopo l’uccisione di suo padre, nel 1989, a colpi di lupara a Bovalino, nella Locride, dove viveva la sua famiglia ha deciso di emigrare in Emilia dopo l’archiviazione dell’indagine.
Per lui si è subito mobilitata la rete, la solidarietà ha invaso Facebook e Twitter sotto lo slogan ‘Io mi chiamo Giovanni Tizian’. Il leader di Sel, Nichi Vendola l’ha definito «un esempio dell’Italia migliore», Leoluca Orlando (Idv) chiede che non sia lasciato solo, per il Pd «è una vicenda seria e delicata», l’ex sottosegretario Carlo Giovanardi (Popolari Liberali) sottolinea che «Modena negli ultimi anni non si è fatta mancare nulla».
La vita di Giovanni (che collabora con la ‘Gazzetta di Modena’, ‘Liberà, il mensile ‘Narcomafie’ e ha da poco pubblicato il libro-inchiesta ‘Gotica’) è cambiata per la seconda volta due settimane fa: «Stavo per pranzare quando mi hanno chiamato per dirmi che ero a rischio, e per permettermi di proseguire nel mio lavoro avrei avuto una protezione delle forze dell’ordine».
Da quel momento due agenti armati e in borghese lo seguono ovunque: «Sul momento non ti rendi conto. Ma si creano situazioni strane. Se vado a fare la spesa mi accorgo di avere una fretta inspiegabile e non riesco a pensare alle cose che devo comprare».
Le minacce però non lo fermeranno: «Cerco di trovare il modo di continuare a fare questo mestiere e sono sicuro che lo troverò. Non penso che un giornalista possa cambiare il mondo, ma credo nell’utilità sociale di questo mestiere». Giovanni, secondo l’Osservatorio Ossigeno, è già il quinto cronista minacciato in Italia nel 2012. A sostenerlo c’è tutta la politica locale, a partire dal presidente della Regione Emilia, Vasco Errani; ma anche la società civile: l’associazione ‘daSud’, ha promosso una campagna di solidarietà in tutta Italia.

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