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POTENZA – C’era un appalto da 400mila euro pronto a partire, che si poteva dividere «tra 7 ditte» amiche. Forse un po’ poco, ma a Potenza funzionerebbe così. Le grosse imprese «si spartiscono» tutto, su tavoli in cui si aggirano personaggi legati alla «massoneria», e persino alla «vecchia Dc». Quindi per contrastarle bisogna sforzarsi di trovare «un sistema».

Tra le intercettazioni registrate nell’ufficio di Dionigi Pastore, in Regione, ce n’è una in particolare che ha destato un certo interesse tra gli investigatori. E’ del 7 dicembre del 2012 e col funzionario dell’economato di via Anzio ci sono una persona che non è stata ancora identificata e un imprenditore di Rotondella, Vincenzo Battafarano, che con la Imec costruzioni un anno e mezzo prima si era già aggiudicato per 487mila euro i lavori di manutenzione straordinaria del Dipartimento infrastrutture della Regione in corso Garibaldi. 

All’inizio Pastore parla dell’aiuto che gli sta dando con «le carte» di alcuni lavori il figlio di un altro imprenditore, Leonardo Mecca, che da martedì è agli arresti domiciliari come lui. Per gli agenti della Mobile di Potenza si tratterebbe di quelli per l’adeguamento funzionale di un fabbricato della Regione a Pantanello, nel Comune di Bernalda, proprio nel “territorio” di Battafarano. Una gara aggiudicata per 121mila euro alla ditta di Mecca due anni prima.

Ma fin qui nulla di strano, a parte il fatto che a dare “una mano” in ufficio con le pratiche al funzionario-controllore sia il figlio dell’appaltista-controllato.

Quello che colpisce è che subito dopo Pastore si lascia andare ad alcune considerazioni che per il gip Rosa Larocca rappresentano «una sorta di rendicontazione su come venivano ripartiti i lavori pubblici e su come gli stessi potevano essere oggetto di affidamenti a talune imprese piuttosto che ad altre».

Il gip annota che dopo aver parlato di vari appalti Pastore confida a Battafarano che nella città di Potenza le grosse imprese «si spartiscono tutto». Queste le parole del funzionario, in riferimento anche ad alcune gare dell’Azienda ospedaliera San Carlo, l’altra grande “stazione appaltante” del capoluogo, vinte «sempre dalle solite società».

I nomi fatti da Pastore e riportati tra virgolette dal magistrato sono quelli di «De Vivo e Geraldi». Ma nella sua “lezione” ai presenti – e agli investigatori in ascolto – il funzionario spiega pure che il secondo, la Geraldi impianti, «dopo tanti anni aveva per la prima volta perso un’importante gara d’appalto» al San Carlo, a favore della ditta di «Somma», definito da Pastore «un altro potente».

Mentre non spiega che anche i De Vivo 3 mesi prima aveva dovuto cedere il passo, facendosi soffiare l’appalto da 2milioni di euro di base d’asta per la manutenzione degli impianti termici della Regione, che avevano contribuito a realizzare e poi gestito per 20 anni. Un appalto che proprio Pastore aveva aggiudicato all’amico imprenditore Leonardo Mecca ed è finito nell’elenco delle gare sotto inchiesta.

Due settimane prima della conversazione intercettata dalle cimici piazzate dagli agenti della mobile di Potenza anche il Quotidiano della Basilicata si era occupato dell’appalto del San Carlo citato da Pastore, vista l’entità della commessa: 6milioni di euro per 5 anni di base d’asta.

Infatti, nella “guerra” a colpi di carte bollate iniziata nel 2008 sull’affidamento alla Impes di Francesco e Michele Somma della manutenzione degli impianti elettrici era appena intervenuta una catena di eventi partita proprio dalla Regione, dove si stava svolgendo un’altra gara simile da 2.236.860 euro di base d’asta in 3 anni, e l’Impes si era fatta sotto un’altra volta alla Geraldi impianti, sfidandola di nuovo sul suo terreno.

Ma qui le cose erano andate in maniera diversa dato che un solerte funzionario si era accorto che la ditta associata a quella dei fratelli Somma era stata segnalata tempo prima all’Autorità di vigilanza per un «grave errore nell’esercizio dell’attività professionale». Un motivo di esclusione dalla gara che non era stato dichiarato al momento dell’offerta. Così dalla Regione è partita persino una segnalazione per falso in Procura, e nel giro di qualche giorno anche il San Carlo si è adeguato, rescindendo in via di autotutela il contratto con la Impes.

In questo modo la Geraldi Impianti e i soci del Consorzio cooperative costruzioni hanno avuto campo libero per rientrare in ospedale dopo 4 anni di “esilio”, e si sono aggiudicati in tranquillità la gara della Regione.

Ma chi era il solerte funzionario di via Verrastro? Il Tar il suo nome non lo svela, ma si dà il caso che il responsabile del procedimento fosse ancora una volta Dionigi Pastore.

l.amato@luedi.it

 

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