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ROMA – A Berlino era «una fredda serata d’ottobre» quando Angela Merkel violò «la regola non scritta che vieta a un Paese dell’Ue di intervenire nella politica interna di un altro membro». Ma troppo alto era il rischio di un collasso dell’euro: la cancelliera chiamò allora il presidente Giorgio Napolitano e «incoraggiò gentilmente l’Italia a cambiare il suo primo ministro se Silvio Berlusconi non fosse riuscito a cambiare l’Italia». Così il Wall Street Journal, in un’inchiesta sui convulsi giorni della crisi dell’eurozona, ricostruisce i frenetici contatti che i leader europei ebbero nell’autunno nero della moneta unica. E che videro tra i protagonisti indiscussi l’Italia del Cavaliere. La ricostruzione, dal titolo «L’aggravarsi della crisi dell’euro mette i leader contro», si inserisce nell’inchiesta a puntate del Wsj sulla crisi europea. È scritta a tre mani dai corrispondenti a Bruxelles, Berlino e Roma ed è stata condotta con interviste a «oltre due dozzine» di persone coinvolte nei processi decisionali.
La telefonata tra la cancelleria teutonica e il Colle giunse dopo settimane di tensioni, a partire dalla lettera inviata il 5 agosto dal presidente della Bce Jean-Claude Trichet e dal suo successore Mario Draghi a Berlusconi, nella quale il piano anti-deficit italiano fu giudicato «non sufficiente». Dopo un iniziale acquisto di bond da parte della Bce, Draghi e Trichet «telefonarono a Berlusconi chiedendogli di onorare le promesse». Ma in Italia lo stallo proseguiva e le «riforme incontravano resistenze politiche. Berlusconi vacillava». Intanto, il 19 ottobre, Sarkozy incontrò, «in una sala privata» dell’Alte Oper di Francoforte, Merkel e Trichet. Il presidente francese chiese un intervento più deciso della Bce, ma la Cancelliera si oppose e Trichet declinò.
Il giorno dopo – si legge – giunse la telefonata. La Merkel affermò di aver «apprezzato gli sforzi dell’Italia ma che l’Europa voleva riforme più aggressive per spingere la crescita economica», ammise di «temere che Berlusconi non fosse sufficientemente forte per farle» e ringraziò Napolitano per fare quanto in suo potere «per promuovere le riforme». Secondo il Wsj il capo dello Stato rispose che «non era rassicurante il fatto che Berlusconi fosse di recente sopravvissuto a un voto di fiducia per un solo voto». E – scrive il quotidiano di Murdoch – il Colle «recepì il messaggio» iniziando nei giorni successivi a «sondare discretamente» i partiti per «verificare il sostegno a un nuovo governo se Berlusconi non fosse riuscito a soddisfare l’Europa e i mercati». Al successivo vertice di Cannes, tra la Merkel e Sarkozy era tornato il sereno mentre al Cavaliere fu detto che «l’Italia stava per perdere l’accesso ai mercati obbligazionari». Berlusconi, scrive il Wsj, «si addormentò durante le lunghe discussioni». Era il 3 novembre. Il Colle aveva intanto avviato consultazioni informali. Cinque giorni dopo le dimissioni del Cavaliere aprirono la strada al governo Monti. «La pressione della Merkel aiutò la formazione di un nuovo governo attento alle riforme», è la conclusione del Wsj.
Tutti retroscena che i diretti interessati, il Quirinale prima e il governo di Berlino dopo, hanno smentito seccamente pur ammettendo che la telefonata ci fu. Come in verità dimostra una nota del Colle diffusa il 20 ottobre, nella quale si rende noto che Napolitano sentì il presidente dell’Eurogruppo Jean Claude Juncker e la cancelliera tedesca «per uno scambio di vedute sui temi oggetto del prossimo consiglio europeo». Nessuna ingerenza, smentisce il Colle: Merkel «non pose alcuna questione di politica interna italiana, nè tanto meno avanzò alcuna richiesta di “cambiare il premier”. La conversazione ebbe per oggetto soltanto le misure prese e da prendere per la riduzione del deficit, in difesa dell’Euro». Versione che più tardi Berlino ha sottoscritto. «Non vi è nulla da aggiungere alla accurata descrizione della conversazione fornita dall’ufficio del presidente italiano», ha detto una portavoce del governo tedesco.
La ricostruzione del Wsj, c’era da aspettarselo, ha comunque scatenato l’ira di qualcuno nel Pdl e ha alimentato i sospetti che la fine del governo Berlusconi sia stata dunque pilotata dall’asse franco-tedesco. Il partito dell’ex premier ha preteso la smentita, e comunque, ha riferito il capogruppo Fabrizio Cicchitto, «è convinto che l’atteggiamento di ostilità di “Merkozy” prima che contro Berlusconi, era contro l’Italia, e ciò era evidente indipendentemente dalla veridicità o meno di queste rivelazioni». «Mi auguro – ha detto da parte sua l’ex ministro Giorgia Meloni – che il Professore possa chiarire la curiosa affermazione rilasciata giovedì, secondo la quale la sua nomina sarebbe stata fatta per tranquillizzare l’opinione pubblica tedesca».
Non crede alle notizie del Wsj il presidente dei senatori Pdl Gasparri: «Credo che sia un’invenzione. Del resto Napolitano avrebbe attaccato il telefono in faccia a un capo del governo che gli avesse chiesto una cosa del genere. La crisi italiana si è svolta sotto gli occhi di tutti, non posso credere che sia vero. La Merkel non è Hitler e Napolitano non è un re travicello».

Michele Esposito

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