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di PARIDE LEPORACE

A Sanremo ieri mattina splendeva il sole e la folla era quella dei tempi migliori. Gigi D’Alessio affronta i carruggi del centro storico con code di fans chilometriche. Emma fa strepitare le ugole dei ragazzini che assiepano le transenne dell’Ariston. Al momento che leggerete questa nota la favola sara’ chiusa anche per la sessantaduesima volta. Con vincitori e vinti, chiacchiere e distintivi. Nonostante spread, reating e la svalutation che ne consegue.
La favola nazionale, metafora e temperatura italiana, quest’anno ha avuto un risvolto meridiano spropositatamente lucano. Angelo Mauro Calza, commentatore di vaglia, l’ha giustamente definito festival papaleontico. Permetteteci di scrivere che l’abbiamo raccontato al meglio. Dalla sera che giunse la notizia in redazione che Rocco sarebbe stato la spalla di Morandi abbiamo intuito che la Basilicata si giocava una partita nella sua narrazione-rivelazione. Un secondo tempo allargato, iniziato sempre con Papaleo che con il suo film da costa a costa aveva gia’ cominciato a rivelare la sua terra, stretta tra identita’complesse e limes inventati, come sono spesso creati i confini politici del mondo. Siamo sembrati una voce stonata fuori dal coro, con il nostro orgoglio terrone e provinciale, nel sentirci rappresentati da protagonisti sul palco centrale dell’intrattenimento, che mai tramonta e sempre cambia nei mutamenti della societa’ e del consumo. Non era questa volta il cantante regionale che si affaccia al concorso e ti fa dire ci siamo anche noi in mezzo alla scuola emiliana, napoletana, padana, cantautorale genovese o romana periferica. Mango e Arisa con le loro qualita’ artistica non fanno la differenza, anche se un successo di Rosalba Pippa non ci sarebbe dispiaciuto per poter postare in tempo reale su Facebook e Twitter: “La notte lucana a Sanremo premia la Basilicata”. Il nostro sito, grazie alla copertura sanremese ha raddoppiato i suoi contatti. Questo e’ stato il primo Sanremo commentato in tempo reale da milioni di persone. Attraverso i social network, che aumentano e modificano la comunicazione, il vecchio rito di limitare la cerchia del commento ad una stretta sfera si e’ dilatato a dimensioni illimitate. La chiacchiera un tempo privata o da tinello, oggi e’ tribunale di consenso massificato da nuove gerarchie. In questo incrocio epocale si e’ venuto a trovare Rocco Papaleo, poetico marziano a Sanremo.
L’occasione l’hanno compresa in pochi per tempo. Un noto amaro regionale, si e’affrettato a comprare un costoso spazio per un spot che rinverdisse il celebre claim: “Cosa vuoi piu’ dalla vita?”. Il lucano sul palco, che poteva servire ad una causa utile collettiva, e’ stato intuito per fortuna da qualcuno in ordine sparso. L’attivissimo Gal “La cittadella dei saperi”, Fausto Taverniti che e’ un vecchio frequentatore della kermesse di griffa Rai che e ‘ sempre padrona di casa al festival, qualche ente regionale, e molti volontari. E pensare che la seconda struttura del festival e’ guidata da un lucano, parliamo del Palafiori che a Sanremo ha giocato un ruolo molto utile alla promozione regionale. Qualcuno si ricordi meglio di questo signore, Vincenzo Russolillo, che da pochi giornl e’ anche direttore artistico del comune di Sanremo.
Si poteva fare meglio e di piu’. Ma per fortuna l’occasione non e’stata sprecata. La morale della favola la prendiamo dal principale protagonista, che forse presto, considerato il successo ottenuto, potrebbe avere uno spettacolo tutto suo in Rai. Rocco ha vinto su quel palco, non per il fatto di essere un lucano, ma per il fatto di essere un lucano bravo che non si vergogna di essere un lucano, anzi ne fa il tratto distintivo di successo. Rocco cita Calvino e la Basilicata e’ la regione che ha meno libri in casa fra tutte le regioni d’Italia. Papaleo conosce la musica e il teatro di qualita’ ma da cinque anni che vivo in questa regione non sono stati piu’ di dieci i grandi eventi di spettacolo avvenuti nei nostri confini. Non smarriamo la tramontana. I Papaleo in Basilicata sono pochi e per raggiungere il risultato impiegano decenni, e per tagliare il traguardo sono costretti a lasciare quel “paese mio che sta sulla collina”. Che sara’ non lo sa nessuno. Ma in ogni bella favola c’e una morale. Il lieto fine l’abbiamo raggiunto. Non sappiamo se ci sara’ la trasfigurazione dell’eroe. Rocco continuerà a telefonare ogni sera alla mamma, ad amare le risate del figlio, a conservare vecchie Settimane enigmistiche, a render felici i suoi amici e conoscenti. La morale per noi tutti e’ di saper trarre buone pratiche dal suo teatrare e intrattenere un pubblico con il suo essere marziano. Ovvero, non essere omologato. Mi sia concesso ringraziarlo per il cameo fonico che ha inteso regalare a questa testata in diretta Eurovisione. Non e’ stata un camarilla, una combine, ma un”intesa a distanza tra persone che indossano abiti mentali molto simili. Da domani torneremo a guardare lo spread, a cercare la Procura parallela, a capire la formula dei radicali liberi. Sappiamo soltanto una cosa. Che canuti e vecchi potremo raccontare nel mese invernale a qualche nipote, guardando Sanremo su chissa’quale nuova diavoleria tecnologica, di quell’anno bisestile quando Rocco di Lauria fece ballare la foca a tutto l’Ariston. Rocco chi? Papaleo quello che quando non era famoso cantava: “La Basilicata esiste”. La regione di Arisa che ha sfiorato la vittoria.

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