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ROMA – Nelle prime ore della mattinata, gli investigatori della Dia di Roma, in collaborazione col Centro Operativo Dia di Reggio Calabria, hanno eseguito un’ordinanza di custodia cautelare in carcere emessa dal Gip del Tribunale di Roma nei confronti di alcuni esponenti della ‘ndrangheta da tempo trasferitisi nella capitale, ritenuti responsabili di «trasferimento fraudolento di valori», aggravato dal metodo mafioso. Tra le contestazioni, c’è anche l’intestazione fittizia di beni, che ora sono stati sequestrati. Si tratta de “Le Antiche Mura”, in via Leone IV di fronte alle Mura Vaticane, e del “Platinum”, in via dei Banchi Nuovi, a due passi da Castel Sant’Angelo. Sequestrata anche la società già titolare dell'”Antico Caffè Chigi”, il bar di fronte palazzo Chigi già sequestrato nel luglio del 2011. 

L’operazione, coordinata dalla Direzione Distrettuale Antimafia di Roma, prevede anche il sequestro di beni mobili ed immobili di cospicuo valore, tra cui alcuni noti esercizi commerciali della capitale.   Sono inoltre state effettuate perquisizioni domiciliari a Roma e nella Provincia di Reggio Calabria nei confronti di altri soggetti che rispondono degli stessi reati in stato di libertà.

Le ordinanze di custodia cautelare in carcere riguardano alcuni esponenti legati alla ‘ndrina dei Gallico, originari della provincia di Reggio Calabria. Gli arrestati, grazie ad alcuni prestanome e società fittizie, erano riusciti a concludere – investendo ingenti capitali per conto della cosca di riferimento – una serie di importanti operazioni immobiliari e societarie soprattutto nel settore della ristorazione, impadronendosi di bar e ristoranti ubicati in zone di pregio della capitale.

A finire in carcere sono stati Francesco Frisina, 56 anni, di Palmi (Reggio Calabria) e Carmine Saccà, 44 anni, di Taurianova. Entrambi residenti a Roma, risultano legati alla cosca dei Gallico: Frisina ha precedenti per associazione mafiosa, estorsione, armi e rapina e in passato è stato anche sottoposto alla sorveglianza speciale; Saccà ha precedenti per estorsione. Un terzo membro del clan, pregiudicato per furto, porto abusivo di arma da fuoco e favoreggiamento in favore di un latitante, peraltro già irreperibile da tempo, risulta ancora da rintracciare.

Gli indagati sono dei «prestanome», familiari e non, che hanno acquisito negozi, appartamenti e terreni tra Roma e Reggio «Calabria «con l’aiuto fondamentale di un immobiliarista dell’hinterland romano (indagato in stato di libertà, mentre la sua società è stata sequestrata) – ha spiegato in una conferenza stampa il colonnello De Marco – che ha fatto da tramite nelle operazioni di compravendita, spese formalizzate in tempi rapidissimi».

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