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Operazione dei Carabinieri del Comando Provinciale dei Carabinieri di Reggio Calabria per l’esecuzione di 21 ordinanze di custodia cautelare, emesse dal G.I.P. del Tribunale di Reggio su richiesta della Direzione Distrettuale Antimafia, nei confronti di altrettanti indagati, appartenenti o contigui alla ‘ndrangheta ed in particolare alle cosche Morabito,Bruzzanti,Palamara, Maisano, Rodà, Vadalà e Talia, operanti nel «mandamento jonico» ed in particolare nei comuni di Bova Marina, Palizzi, Bruzzano Zeffirio ed Africo. Le ventuno persone coinvolte sono accusate a vario titolo dei reati di associazione di tipo mafioso, concorso in associazione di tipo mafioso, intestazione fittizia di beni, truffa aggravata, danneggiamento aggravato, procurata inosservanza di pena, frode in pubbliche forniture, furto aggravato di materiali inerti, crollo di costruzioni o altri disastri dolosi, violazione delle prescrizioni alla sorveglianza speciale di pubblica sicurezza, tutti aggravati dall’aver favorito un sodalizio mafioso. L’operazione, denominata «Bellu lavuru», già nel giugno del 2008 aveva condotto i carabinieri in provincia di Reggio Calabria ed a RHO (MI), ad eseguire provvedimenti di fermo a carico di 33 soggetti e notifica d’informazione di garanzia nei confronti di altre 9 persone, a vario titolo gravemente indiziati del delitto di associazione di tipo mafioso ed armata finalizzata all’acquisizione della gestione e controllo di attività economiche, concessioni, autorizzazioni, appalti e servizi pubblici, all’infiltrazione in pubbliche amministrazioni, al procacciamento di voti ed altro nei confronti di appartenenti alle cosche citate.

Tra le persone arrestate stamattina, anche dirigenti della società Condotte d’acqua, con sede a Roma, e dell’Anas, che secondo gli investigatori erano consapevoli delle infiltrazioni mafiose negli appalti per i lavori sulla statale 106 ed avevano permesso ad una ditta ritenuta diretta emanazione del cartello formato dalle famiglie Morabito-Bruzzaniti-Palamara di Africo, di continuare a fornire calcestruzzo nonostante una segnalazione della Prefettura che li informava del pericolo di infiltrazioni mafiose.
Si tratta del direttore dei lavori dell’Anas, Vincenzo Capozza, di 55 anni, di Locri; del capo cantiere della Società Italiana per Condotte d’Acqua, Pasquale Carrozza (50), di Melito Porto Salvo; di un impiegato amministrativo di cantiere di Condotte, Rinaldo Strati (50), di Siderno; del direttore di cantiere di Condotte Antonino D’Alessio (33), di Vico Equense (Napoli); del project manager di Condotte, Sebastiano Paneduro (51), di Catania; del direttore tecnico di Condotte Cosimo Claudio Giuffrida (57), di Catania.
I funzionari, secondo l’accusa, al fine di favorire gli interessi economici della ditta I.M.C. di Costantino Stilo, ritenuta l’articolazione imprenditoriale delle cosche, non avevano estromesso l’azienda dall’appalto dopo la segnalazione della Prefettura, del 30 agosto 2007 che, invece, avrebbe dovuto portare all’estromissione immediata dell’impresa sulla base del protocollo d’intesa sottoscritto dalla stazione appaltante e dalla società appaltatrice con la Prefettura. L’estromissione ha avuto luogo solo il 12 novembre 2007, quando la Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A., in seguito ai rilievi della commissione prefettizia, ha comunicato all’impresa fornitrice che, ai sensi della «clausola risolutiva espressa» inserita nella scrittura privata, la risoluzione del rapporto in essere «non era più suscettibile di alcuna deroga».

L’OPERAZIONE “BELLU LAVURU” DEL 2008
«E’ proprio un bellu lavuru» dicevano i parenti di Giuseppe Morabito, il boss della ‘ndrangheta conosciuto come «il Tiradritto», mentre annunciavano nel 2007 all’anziano capomafia, detenuto a Parma in regime di 41 bis, l’appalto per i lavori di ammodernamento della statale 106 ionica ed in particolare la costruzione della variante al centro abitato del comune di Palizzi.
E’ da quel momento che sono scattate le indagini dei carabinieri di Reggio che hanno monitorato l’intervento parassitario della ‘ndrangheta in ogni segmento dell’appalto. Dalle indagini è emerso che le cosche di quella zona del mandamento ionico, confermando l’unitarietà della ‘ndrangheta, hanno superato tutte le rivalità che in passato avevano dato vita anche a faide sanguinose e si sono suddivise gli ambiti di intervento, arrivando a federarsi tra loro con un apposito organismo direttivo denominato «base», presentandosi ai responsabili della società appaltatrice (Condotte d’acqua, con sede a Roma) come un unico interlocutore e coinvolgendoli nella gestione illecita dell’appalto. Dall’inchiesta, coordinata dalla Dda di Reggio Calabria, è emerso come le cosche si siano infiltrate in ogni settore produttivo, imponendo le assunzioni, le forniture di tutto il materiale (persino la cancelleria per ufficio) ed i contratti di subappalto e nolo. L’infiltrazione era diretta, tramite l’impresa di famiglia I.M.C. di Costantino Stilo, ed indiretta, tramite la D’Agu Beton, nella fornitura del calcestruzzo per l’ammodernamento della statale 106. Inoltre le cosche avevano la gestione di fatto dei lavori di movimento terra, appannaggio della Ati capeggiata dalla ditta Clar, e di gran parte delle maestranze impiegate nei cantieri.
Inoltre, le cosche, attraverso dei prestanome imparentati con gli affiliati, avevano monopolizzato l’intero ciclo del calcestruzzo, organizzando delle squadre per rubare gli inerti dalla fiumara Amendolea, produrre calcestruzzo di bassissima qualità, imporne l’uso anche se non rispondente al progetto, fatturarne falsi quantitativi e falsificare i risultati dei controlli.

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