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CATANZARO – Il quadro che esce dalla relazione semestrale della Direzione nazionale antimafia trasmessa al Parlamento riguarda la Calabria e la presenza della ‘ndrangheta non è certo rassicurante. Anzi, la criminalità organizzata calabrese ha raggiunto livelli di penetrazione sul territorio tali che per la Dia la sua capacità di infiltrarsi nella istituzioni locali è da considerarsi «grave e persistente».

 
 

Non a caso, infatti, è proprio in Calabria che si conta il maggior numero di comuni sciolti per mafia. Nello specifico la direzione antimafia mette in luce come «nella provincia di Reggio Calabria le indagini hanno dimostrato la pervasiva capacità della ‘ndrangheta di infiltrarsi nel settore degli appalti pubblici condizionandone i meccanismi di regolazione». 
 
Per quanto riguarda la stessa natura e le caratteristiche della malavita calabrese, la Dia ne mette in luce il «persistente dinamismo, le robuste potenzialità organizzative e le ampie disponibilità di risorse», con una «confermata tendenza ad inclinare l’asse dei propri interessi verso i circuiti economici secondo le nuove esigenze della struttura mafiose». In tal senso, secondo la Dia, appare funzionale «il tessuto di relazioni e collusioni con ambienti politici, imprenditoriali e professionali» che la ‘ndrangheta è riuscita a creare con un «modus operandi che costituisce la più rilevante minaccia della matrice ‘ndranghetista esportata anche in altre regioni». Riguardo ai politici collusi, poi, la Dia chiarisce che «la cooptazione di amministratori pubblici inclini a prestarsi ai disegni di espansione imprenditoriale delle consorterie, attraverso una sistematica elusione delle regole, accentua il rischio di alterazione dei meccanismi di funzionamento degli enti locali». Infine «le vulnerabilità che, ormai da tempo, affliggono il sistema amministrativo locale calabrese, sono sintomo di una emergenza che non accenna ad essere contenuta e che richiede costante vigilanza e sinergica coralità nelle risposte istituzionali».
 
IL SETTORE EDILE PRIVATO – Ma l’attività della ‘ndrangheta non si limità solo al settore degli appalti e all’infiltrazione della rete istituzionale locale. Infatti, la Dia ha messo in luce come «si denota un crescente interesse delle cosche verso il comparto edile privato che per sua natura non è soggetto alle sempre più incisive forme di controllo antimafia», un terreno fertile e più ricco di opportunità che sebbene non produca il giro d’affari legato agli appalti pubblici costituisce sempre un bacino in cui operare, secondo le risultanze della Dia, con una tranquillità certamente maggiore.
 
GLI INTERESSI NELLE ALTRE REGIONI – Altro elemento di primo piano è senza dubbio rappresentato dalla capacità di proiettarsi all’esterno delle ‘ndrine. La Dia riconosce ai clan calabresi una «spiccata vocazione transnazionale con particolare riguardo alla gestione del traffico di stupefacenti», ma aggiunge anche la capacità di ramificarsi in territori anche lontani dalla terra d’origine come il Piemonte e la Lombardia dato già ampiamente noto a cui si aggiungono, però, anche il Veneto, in particolare l’ovest veronese e il vicentino, la Liguria e la Toscana. Mentre per quanto riguarda, invece, l’Emilia Romagna «la ‘ndrangheta è radicata in buona parte nelle province dove opera – scrive la Dia – un consolidato principio di delocalizzazione degli interessi economici»
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