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POTENZA – «Questa non è l’inchiesta di Luigi De Magistris, questa è
l’inchiesta della procura di Catanzaro, all’epoca condotta da me,
supportata da tutta la guardia di finanza con un lavoro certosino di decine
e decine di testimonianze tra magistrati, funzionari di polizia e delle
istituzioni, migliaia di faldoni documentali».
Luigi De Magistris ha annunciato nei giorni scorsi la sua candidatura a
sindaco di Napoli. La notizia dell’archiviazione dell’inchiesta “Toghe
lucane” è arrivata di fatto a campagna elettorale iniziata. Anche per
questo l’ex pm di Catanzaro, eletto con una valanga di voti nel 2009 al
Parlamento di Strasburgo, tiene a precisare alcune questioni.
«Questa è l’inchiesta che io ho concluso ad agosto 2008, per cui avrei
fatto dopo poco la richiesta di rinvio a giudizio se non fosse intervenuto
un provvedimento devo dire alquanto tempestivo, e alquanto illogico,
immotivato di anticipato possesso (trasferimento immediato, ndr) del
ministro della Giustizia Alfano, che disse che a Napoli c’era più bisogno
che a Catanzaro di magistrati. Quella decisione è stata tombale per quel
procedimento che è andato in mano ad altri, quindi non capisco perchè si
debba parlare di inchiesta flop di De Magistris. La mia inchiesta era
solidissima. Un altro magistrato ha ritenuto che si dovesse chiedere
l’assoluzione. Secondo me ha sbagliato, ma ovviamente è legittimo perchè
nell’ambito della magistratura ognuno fa le proprie scelte. A me adesso
interessa fare polica. Quello rappresenta il mio passato. Quello che dovevo
dire e ricostruire l’ho fatto in quell’inchiesta con tanto amore per la
ricerca della verità, perchè là si parlava di fatti inquietanti di
distorsioni all’interno della magistratura e delle istituzioni. Del resto
mi pare che anche una recente inchiesta della procura di Catanzaro abbia
riproposto sostanzialmente gli stessi temi (il riferimento è all’inchiesta
coordinata dal procuratore aggiunto Giuseppe Borrelli, ndr). Io non
capisco perchè c’è chi se la piglia con me. Io posso anche aver fatto un
lavoro che non è condiviso però questo tiro al bersaglio mi sembra
francamente sospetto».
Anche Clementina Forleo l’ha sfidata a fare chiarezza su certi aspetti del
suo vecchio lavoro
«La dottoressa Forleo da un po’ di tempo ha deciso di attaccarmi. Non
voglio rispondere perchè abbiamo avuto un rapporto di stima e amicizia e
alle contumelie non rispondo».
Carlo Vulpio rivendica la primogenitura dell’inchiesta e critica il modo
in cui è stata gestita
«“Toghe lucane” l’ho scoperta io assieme alla guardia di finanza e alle
persone dalla schiena dritta che hanno denunciato. Carlo Vulpio ha fatto il
suo dovere e in alcuni casi ha fatto il giornalista, niente di più. Il
resto non mi interessa proprio. Mi interessa la storia di quell’inchiesta,
mi interessava cercare di dare giustizia a delle persone che avevano subito
delle ingiustizie e applicare la Costituzione che dice che la legge è
uguale per tutti. Per il resto poi ciascuno è libero, la Forleo, Vulpio, la
Genovese (Felicia, ex pm della procura di Potenza trasferita dal Csm a
seguito di quest’inchiesta, ndr), ognuno può dire quello che vuole ma io
non commento le dichiarazioni di Vulpio, perchè non meritano commento. Sono
delle opinioni legittime. Una manifestazione del pensiero, ma non ho tempo
da perdere».
In molti la aspettavano a Potenza per la giornata della Memoria e
dell’impegno in ricordo delle vittime della mafia organizzata da Libera
sabato scorso.
«Ci sarei venuto ma abbiamo aperto la campagna referendaria sull’acqua
pubblica, il no al nucleare e il no al legittimo impedimento. Siccome sono
tra i promotori stavo sul palco in piazza Navona, ma ho aderito. Sono stato
in contatto con Don Ciotti, e ho mandato i saluti tramite alcuni amici e
compagni della Fiom di Napoli. Quindi ero lì, spiritualmente e idealmente».

Poco fa (ieri per chi legge, ndr) dal Tg5 l’ex sottosegretario Filippo
Bubbico e l’ex direttore generale dell’ospedale San Carlo di Potenza,
Michele Cannizzaro, si sono detti danneggiati in maniera irrimediabile.
«È un sentimento che io rispetto. Peraltro sono soggetti che sono stati
indagati. Rispetto a Vulpio, sono molto più legittimati a parlare in
pubblico, loro e Genovese, che Vulpio. Le trovo delle opinioni e le
rispetto. Lo ripeto. In una democrazia è giusto che si critichino i
magistrati, i provvedimenti giudiziari. Diverso è il tiro al bersaglio o
l’accanimento come fa Ferrara per finalità politiche e di potere. Per il
resto io sono straconvinto, anzi dopo quest’archiviazione sono ancora più
convinto della bontà di quell’indagine, se vuole il mio pensiero».
C’è ancora una “cupola” che governa in Basilicata
«Se c’è ancora non lo so, perchè non faccio più il magistrato. All’epoca
in cui facevo le indagini quelle cose che avevo ricostruito secondo me
erano talmente solide che meritavano non un’archiviazione, ma ben altro».
Crede che si sia attivato lo stesso meccanismo o qualcosa di simile a
quello che veniva descritto all’epoca?
«No, non mi faccia aggiungere non dico altro».
O lo dice lei o lo dico io
«Se lo dice si prende lei la querela non io. Io non ho detto questo. Lo ha
detto lei».
A queste latitudini quando si parla di “cupola” si fa confusione con un
consesso mafioso generico
«Là non era contestata l’associazione mafiosa. Là era contestata
l’associazione per delinquere che è cosa diversa dall’associazione mafiosa
che è un reato più grave».
Poi c’è chi dice che sulla Basilicata si voleva buttare un’ombra di
mafiosità che non esiste.
«Innanzitutto quale ombra? Le fonti principali in quel procedimento sono
persone che hanno lavorato in Lucania, sono cittadini lucani, persone che
dalla Lucania chiedono giustizia. Non è venuta l’armata americana o
franco-tedesca in Lucania a dettare legge. Io ho raccolto quei fatti che
provenivano dalla Lucania. È esattamente il contrario. Chi aveva a cuore la
Lucania, come me che ce l’ho ancora a cuore, che voleva rendere giustizia e
che è convinto di aver fatto niente di più e niente di meno del suo dovere.
Punto e basta. Io ne vado fiero. Sono orgoglioso. Sarà la storia a dire chi
aveva ragione e chi aveva torto».
Si può parlare almeno di mafia dei colletti bianchi?
«No, avevo ricostruito vicende che all’epoca dei fatti mi hanno fatto
ritenere che vi fosse un’associazione a delinquere composta da personaggi
all’interno delle istituzioni che utilizzavano in modo deviato il potere.
Però questa è la ricostruzione che io facevo all’epoca. Non la faccio
adesso, perchè se lo dico adesso ovviamente mi prendo una querela».

Leo Amato

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