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REGGIO CALABRIA – La presenza della mafia nel capoluogo lombardo può causare all’amministrazione comunale anche un «danno all’immagine della città» e di conseguenza al «turismo», oltre ad essere pericolosa «per la comunità». Con queste motivazioni il collegio dell’ottava sezione penale ha ammesso come parte civile il Comune di Milano, nel processo con al centro la cosca dei Valle-Lampada e le sue infiltrazioni nella zona grigia, che vede alla sbarra, tra gli altri, l’ex presidente delle misure di prevenzione del Tribunale di Reggio Calabria (sospeso dal Csm) Vincenzo Giuseppe Giglio e il consigliere regionale calabrese Francesco Morelli (Pdl). I giudici milanesi (collegio presieduto da Luisa Ponti), dopo aver respinto tutte le eccezioni preliminari delle difese, hanno accolto la richiesta dell’amministrazione comunale, rappresentata dall’avvocato Maria Rosa Sala, di ‘entrarè nel processo come parte civile. Richiesta che rientra nell’ambito della nuova linea del Comune, guidata da Giuliano Pisapia, di essere presente nei procedimenti con al centro le infiltrazioni della ‘ndrangheta a Milano. I giudici, richiamando alcune sentenze della Cassazione, hanno spiegato che gli enti territoriali possono ritenersi danneggiati dal reato di associazione mafiosa anche dal «punto di vista economico» e per le ricadute sul «turismo». Inoltre, il collegio ha chiarito che l’amministrazione milanese sta portando avanti “uno sforzo economicò» per il «contrasto» ai reati di criminalità organizzata. A processo (prossima udienza il 26 giugno con i primi testi) ci sono 12 imputati, tra cui i presunti boss Giulio Lampada e Leonardo Valle, 3 ex militari della Gdf, il giudice Giglio e il politico Morelli. Uno dei ‘filonì dell’inchiesta aveva portato anche in carcere un altro magistrato, il gip del Tribunale di Palmi (poi sospeso), Giancarlo Giusti, accusato di soggiorni con escort, ‘spesatò dalla cosca. Giusti, con altri tra cui l’avvocato Vincenzo Minasi, è a processo con rito abbreviato (udienza il 25 giugno).

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