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E’ EVIDENTE che il trasporto pubblico in questo momento è uno dei problemi più sentiti dai cittadini di Potenza.
Una difficoltà che tocca soprattutto gli studenti e quindi gran parte delle famiglie.

Ad oggi, infatti, esistono corse da 20 chilometri, che coprono almeno 10 istituiti scolastici e in non meno di 12 fermate. Significa che per raggiungere la scuola ci saranno ragazzi che dovranno partire, se tutto va bene, un’ora prima dell’ingresso a scuola. E questo all’interno della stessa città e per coprire brevi distanze.

Un problema tanto grave quanto, apparentemente, irrisolvibile.

Eppure una soluzione c’è, non è costosa e potrebbe avere più di un beneficio per la collettività.

Le singole scuole potrebbero rendere disponibile la distribuzione dei propri iscritti sul territorio, mentre l’amministrazione potrebbe mettere a disposizione della collettività la localizzazione geografica degli istituti scolastici di sua competenza.
Esempi di quelli che comunemente chiamiamo Open Data.

Incrociando questi due gruppi di dati, banali ed apparentemente non correlati otterremmo le esigenze di spostamento degli studenti da casa a scuola e da scuola a casa.

Sapendo quanti sono, da dove partono e dove e quando devono arrivare sul luogo di studio, avremmo in mano tutto quello che serve per costruire un modello di trasporto per gli studenti che sia in grado di ottenere il massimo dell’efficienza con il minimo della percorrenza chilometrica e quindi della spesa per le casse comunali.

Certo, data la materia inusuale, negli uffici comunali non ci sono le competenze tecniche per un simile lavoro. Lo stesso non si può dire dell’Università degli Studi della Basilicata che comprende facoltà tecniche specifiche come informatica e ingegneria informatica.

Di Open Data, di algoritmi e Smart City, come al solito, nella nostra terra, tutti preferiscono parlarne, sempre troppo, invece che praticarle fino in fondo.

Invece di consumare denaro pubblico per concorsi che premiano nuove app e startup mai decollate, come troppe volte e da più parti si è fatto in questi anni, perché non finanziare progetti finalizzati di questo tipo che, per altro, possono essere replicati, e con profitto, poi, in altri contesti?

Così facendo non avremmo solo risolto un problema a studenti e città, ma avremmo anche innescato la miccia di quel rapporto con il mondo accademico della nostra regione che ad oggi pare a noi lucani del tutto estraneo.

E’ una strana realtà quella in cui il ruolo della politica è diventato quello di dividere il campo a bandierine e dire chi ha ragione e chi ha torto.

Credo che, invece, mai come in una fase come questa, compito della politica sia ricercare e offrire soluzioni concrete ai problemi reali evitando di impantanarsi alla ricerca di capri espiatori.

*Giovani democratici

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