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CASTROVILLARI (CS) – «Ora basta, chi ha nascosto, chi ha omesso, chi ha mentito e chi ha ucciso non può e non deve rimanere impunito. È un nostro diritto sapere come, perché, e chi ha ucciso Denis». A sostenerlo, in una dichiarazione a nome della famiglia, è Donata Bergamini, la sorella di Donato “Denis», il calciatore del Cosenza travolto da un camion il 18 novembre 1989 a Roseto Capo Spulico, nel cosentino.   Una morte che l’inchiesta dell’epoca qualificò come suicidio, ma che è adesso al centro di una nuova inchiesta della Procura di Castrovillari dalla quale stanno emergendo una serie di smentite a quella tesi.   «In questo momento – aggiunge Donata Bergamini – la mia rabbia è tanta. Mi sto chiedendo cosa ha fatto la mia famiglia per aver subito tutto questo. Mi hanno ucciso un fratello, per 20 anni facendolo passare come suicidio. Di lui hanno detto di tutto. Sino al giorno prima della sua morte era un ragazzo che ogni allenatore avrebbe voluto,un ragazzo serio e professionale, amava la vita, gli piaceva scherzare, sempre fra i primi a tenere alto il morale nello spogliatoio. Improvvisamente dal giorno della morte, diventa colui che trasporta stupefacenti, colui che vende le partite, colui che si suicida davanti alla sua ex. Fin da subito noi familiari avevamo capito che nulla quadrava. Papà ha lottato, ma è stato scambiato per un pazzo, per colui che non voleva accettare il suicidio e nessuno ci è stato vicino e nessuna inchiesta seria è stata fatta. Ora basta». «Noi familiari – prosegue la sorella del calciatore – abbiamo semplicemente chiesto di conoscere la verità, qualunque essa sia, ed è un preciso dovere dello Stato darci una risposta. Dopo oltre 20 anni credo sia il minimo per tutti noi. Ora le cose mi sembrano cambiate, e nutro totale fiducia nell’operato degli inquirenti».   «Noi familiari – conclude Donata Bergamini – abbiamo riacquistato fiducia nell’Arma dei Carabinieri dopo che abbiamo conosciuto quattro militari del Nucleo investigativo di Cosenza che si stanno occupando del caso».

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