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«Non temere, tutto è finito, tu stai bene, non hai più nulla»: così, «con un
sorrisetto sulle labbra», in un viso di per sè «molto bello e sorridente»,
Papa Giovanni annunciò il 25 maggio 1966 a suor Caterina Capitani che era
guarita dalle conseguenze di una grave emorragia, avvenuta dopo che, oltre
un anno prima, era stata sottoposta ad una resezione gastrica quasi totale.
A un anno esatto dalla morte della suora ­ avvenuta a Napoli nella notte tra
il 31 marzo ed il primo aprile 2010 ­ il racconto autografo della religiosa
del miracolo ricevuto per intercessione del «Papa buono» conserva per gli
storici della Chiesa il valore di «documento eccezionale» e resta uno dei
pilastri fondamentali della causa ecclesiastica conclusasi con la
beatificazione di Papa Giovanni XXIII, proclamata il 3 settembre del 2000 da
Giovanni Paolo II, grazie al riconoscimento di quel miracolo.

Quel documento ­ di cui l’ANSA ha potuto prendere visione ­è negli archivi della Curia Arcivescovile di Potenza, città di origine di suor Capitani: una «dichiarazione» scritta della religiosa al vescovo dell’epoca, Mons. Augusto
Bertazzoni, che porta la data del 15 settembre 1966, quando non erano ancora
passati quattro mesi dal miracolo. Suor Caterina, Figlia della Carità, che
ha svolto a lungo la sua missione in Sicilia, fu operata a Napoli il 30
ottobre 1965, ma il 14 maggio 1966 ebbe una perforazione della parte residua
di stomaco e la formazione di una fistola, con copiosa emorragia: un caso di
«estrema gravità «, come constatarono i medici, al punto che alla donna, non
ancora suora, il 19 maggio fu concesso di «emettere i voti santi». Quando
tutti, a cominciare dai medici, credevano che la morte di suor Caterina,
ricoverata in un ospedale di Napoli, fosse ormai imminente, ella cominciò
una novena a Papa Giovanni e poggiò «una sua reliquia» sulla fistola. Era
il 25 maggio 1966. «Pensavo che Papa Giovanni ­ scrive suor Caterina nel suo
racconto del miracolo ricevuto ­ volesse porre termine alle mie sofferenze,
portandomi in Cielo. Invece mentre stavo girata sul lato destro ed ero
assopita ad un certo punto mi sentii poggiare una mano sullo stomaco in
direzione della fistola ed una voce che mi chiamava dal lato sinistro: “Suor
Caterina”. Spaventata nel sentire una voce di uomo mi voltai e vidi in piedi
accanto al mio letto, Papa Giovanni in abiti Papali non bianchi ma che non
so descrivere perchè mi soffermai a fissare il viso che era molto bello e
sorridente. Egli mi disse: «Suor Caterina mi hai molto pregato ed anche
molte suore e persone lo hanno fatto, pure le suore della tua casa, ma
specialmente una di esse; me l’avete proprio strappato dal cuore questo
Miracolo: ma ora non temere, tutto è finito, tu stai bene, non hai più
nulla. Suona il campanello, chiama le Suore che stanno in Cappella per
l’orazione e qualcuna dorme pure, disse con un sorrisetto sulle labbra.
Fatti mettere il termometro, tanto per testimonianza ­ le disse ancora Papa
Giovanni ­ ma tu non hai neppure 37. Poi mangia tutto come prima perchè sul
tuo buco ci sono Io e stai tranquilla che non uscirà più nulla perchè è
chiuso. Poi vai dal Professore e fai mettere per iscritto la testimonianza,
poi fai le radiografie perchè un giorno serviranno, ma non hai nulla non
troveranno nulla, avevi una grossa perforazione con un¹invasione del
peritoneo, ma Io ti ho assistita dal primo giorno affinchè non morissi e
tutto ciò doveva avvenire. Dovevi soffrire per poi avverarsi tutto questo».
Inoltre, ­ prosegue la suora ­ mi fece alcune raccomandazioni particolari e
se ne andò”. “Realmente io mi sentii subito un¹altra ­ aggiunge la suora
– ero guarita, mi sollevai in mezzo al letto e non sentivo più alcuna
sofferenza; fu allora che tutta emozionata mi feci coraggio, suonai il
campanello per chiamare le Suore che stavano in Cappella per l’Orazione
mentale delle 14.30. Pensavo che mi avrebbero presa per una allucinata e mi
sentivo agitata, ma dissi tutto alla Superiora la quale dopo i primi momenti
di confusione mi mise il termometro e vide che la temperatura non arrivava a
37, mentre un quarto d¹ora prima aveva segnato 39,5. Con grande meraviglia
di tutti chiesi da mangiare e fui accontentata dietro le mie insistenze.
Mangiai molto perchè sentivo molto appetito”.

Il racconto di suor Caterina così prosegue: «Il momento più trepidante fu quello di costatare che il buco della fistola era veramente chiuso e difatti con grande
commozione di tutte le sorelle presenti fu constatato che il buco era chiuso. Volli alzarmi e camminavo benissimo senza barcollare, l’intestino immediatamente funzionò, eppure erano 12 giorni che non agiva. Così come se niente fosse stato del doloroso passato ripresi subito la vita normale, senza accusare più alcun fastidio nella digestione e con un appetito più del normale. Dopo due giorni ritornai a Potenza in treno destando sorpresa e meraviglia in tutti ma specialmente da parte del dottor Russo, che subito disse: «Qui c’è del prodigio». Continuando a stare benissimo, dopo 15 giorni
feci le radiografie dalle quali non risultò nulla. Il monconcino di stomaco
rimasto era sano senza alcuna ombra di perforazione e non esisteva più la
fistola di prima. A conclusione di questa mia relazione attesto che
attualmente dopo quattro mesi continuo a stare benissimo e sono convinta che
tutto debbo alla Grazia di Dio ottenuta dalla intercessione di Papa
Giovanni». Il documento reca sulla sinistra la scritta “Potenza Ospedale San
Carlo 15 settembre 1966» e sulla destra la firma autografa di Suor Caterina
Capitani, con l’aggiunta “Figlia della Carità”

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